In questa settimana la Camera dei deputati dovrà deliberare sulla istituzione della commissione d’inchiesta sullo stato di degrado delle città e delle periferie proposta dal deputato di Forza Italia, Alessandro Battilocchio, che, in virtù di un forte radicamento territoriale, già in passato si è reso protagoniste di proposte su questo tema.

La precedente inchiesta dimenticata

La commissione dovrebbe riprendere gli esiti di una analoga indagine condotta sempre dalla Camera nel corso della XVII legislatura (dal 2006 al 2008) e le cui conclusioni, molto rilevanti, sembravano cadute nel vuoto. Chiamata, infatti, a verificare lo stato di sicurezza delle nostre città e la connessione tra depressione economica e culturale, la precedente commissione aveva elaborato, grazie al supporto dell’Istat, quattro indici georeferenziati che davano conto della popolazione insediata nelle zone dove si registravano i più elevati valori di disagio.

Leggendo la relazione conclusiva - elaborata dal deputato del Partito democratico Roberto Morassut, un altro molto sensibile al rapporto con il territorio – emerge come il 33,8 per cento dei residenti nei capoluoghi metropolitani vive in quartieri con una significativa presenza di famiglie con potenziale alto disagio economico e che l'incidenza di tali famiglie è compreso al centro-nord fra l'1 e il 3 per cento, e al centro-sud tra il 4  e il 14 per cento, con punte massime a Napoli, Palermo e Catania.

Altrettanto rilevante è la quota di residenti metropolitani in situazione di disagio e ad elevata vulnerabilità sociale e materiale, pari al 37,5 per cento, con valori massimi che si registrano a Messina dove il 51,6 per cento della popolazione vive a stretto contatto con famiglie in condizioni di forte deprivazione sociale. La commissione, inoltre, aveva messo in luce come la disoccupazione e l'assenza di un'economia di crescita, soprattutto al sud e nei quartieri delle periferie artificiali realizzati negli anni '60 e '70 (come Scampia a Napoli, Zen a Palermo, San Paolo a Bari), fossero il terreno di coltura della criminalità anche in conseguenza di politiche urbane che avevano portato a concentrare le persone in zone prive di attività economiche di produzione e di commercio e con una scarsa o assente offerta di servizi di trasporto, scolastici, culturali, sanitari e assistenziali. La commissione concludeva i lavori indicando una serie di misure normative e sociali nel tentativo di invertire il trend.

Gli esiti di questa indagine sono stati ignorati nella scorsa legislatura ed è un bene quindi che, per iniziativa di Battilocchio e del presidente del gruppo Forza Italia Alessandro Cattaneo – cui si deve la richiesta di inserimento con priorità all’ordine del giorno dei lavori –  la Camera ora ritorni su questi dati.

Il Parlamento giudice

La Costituzione italiana, infatti, nel prevedere che il Parlamento possa istituire commissioni d’inchiesta su materie di pubblico interesse, attribuisce a queste i medesimi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria: poteri da usare con cautela e prudenza. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un uso spesso strumentale di questo strumento: come ha ricordato Michele Ainis su Repubblica, dal 2006 il Parlamento ha istituito oltre 20 commissioni d’inchiesta sui temi più vari, stravolgendo la ratio della norma costituzionale e trasformando un potere eccezionale in una sorta di automatismo, rendendo così le commissioni d’inchiesta vere e proprie commissioni permanenti, sminuendone il lavoro.

Non è il caso della commissione che in questi giorni la Camera istituirà. Essa, infatti, risponde all’esigenza di conoscere per deliberare in coerenza con il dettato costituzionale tanto è vero che tutti i gruppi parlamentari hanno fatto propria la proposta di Battilocchio presentandone una identica. In questa logica, l’inchiesta dovrà censire le situazioni di degrado, verificare le connessioni esistenti tra tale disagio e i fenomeni di radicalizzazione, accertare l'offerta formativa complessiva disponibile anche per contrastare l'abbandono scolastico, indicare le iniziative volte ad ampliare i servizi di assistenza sociale e promuovere misure economiche, infrastrutturali e fiscali per il rilancio delle realtà produttive presenti nelle periferie.

Il Parlamento, che da tempo ha perso la funzione legislativa, può cercare, con questo tipo di indagini, di ritrovare un proprio ruolo dando ragione a chi lo disegna quale un porticato tra lo Stato e la società civile.

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