La Ue arranca e l’Italia l’ostacola. La bocciatura del nuovo Meccanismo europeo di stabilità (Mes), che consentiva di utilizzarne i fondi a sostegno delle crisi bancarie, è errore grave; ma «le nostre banche sono solide», declama tronfio Matteo Salvini, ministro incompetente. Tace il suo cautissimo compagno Giancarlo Giorgetti, competente in teoria; non si sa che dirà ai colleghi esteri, ma non si dimetterà.

Le nostre banche sono solide ma non sempre lo furono, forse non sempre lo saranno; se avessimo difficoltà a rinnovare i debiti o a emetterne di nuovi – con buona pace di Salvini o Giorgetti – quanto varranno nei loro bilanci i 670 miliardi di debito pubblico italiano, contro 360 di patrimonio? L’ha scritto qui Alessandro Penati; e se fossero le banche tedesche a soffrire, credono essi che le nostre veleggerebbero placide?

Il voto straccia il velo dietro cui l’illusionista Giorgia Meloni vuol celare la realtà. Dov’è la premier dialogante, cosa ha ottenuto l’astuta strategia del pacchetto, che voleva scambiare patti più morbidi con la ratifica d’un trattato già approvato da tutti, Roma inclusa, console Giuseppe Conte? È ovvio, sui patti nulla abbiamo ottenuto e reagiamo bloccando il nuovo Mes.

Un paese di don Abbondio

È il governo a volerlo, lancia il sasso ma nasconde la mano; dopo aver snobbato coi decreti legge il parlamento, e proposto una riforma che ne annulla il ruolo, di botto si rimette alle camere. Oltre ai voti di Fratelli d’Italia e Lega per Salvini premier, trova quelli dei Cinque stelle.

I loro obiettivi divergono, la Lega s’oppone per ottusa convinzione, Fratelli d’Italia per levare spazi al populismo leghista e non lasciargli questa bella medaglia. Una menzione speciale va a Conte, che vuol sempre mettere in difficoltà il Pd, visto come il vero rivale, non solo nelle elezioni europee; strilla in aula a gote gonfie contro Meloni, ma poi vota con lei.

Se mai avesse avuto il coraggio morale e la furbizia politica di votare con Pd e centrini vari, la maggioranza avrebbe vinto solo per 12 voti, e magari qualcosa cambiava. Siamo un paese dove non i coraggiosi abbondano, ma gli Abbondi: oltre a Meloni, Giorgetti e anche gli evanescenti Forza Italia e “moderatini”.

Quale ascolto troverà domani nella Ue un governo che non ha la forza di mantenere quanto promette? Per tale cronica inaffidabilità il nostro ministro dell’Economia è restato fuori dalla trattativa finale franco-tedesca; i due ministri cenavano assieme a Parigi, lui c’era solo in teleconferenza.

Questo voto cambia tutto, la fu granitica maggioranza si dissolve su un tema cruciale per il futuro europeo; l’opposizione era già divisa, ma ora Conte getta la maschera. Ne tragga le conseguenze il Pd, senza polemizzare con chi altro non chiede; concentri allora Elly Schlein sul futuro europeo la campagna elettorale, appunto europea. Esploderanno le contraddizioni interne della scombinata coalizione di destra, e prenda pure l’ambiguo Conte i voti che raccatterà sulla sua strada. Sottrarrà voti alla Lega, con cui potrà tornare da posizioni più forti ad amoreggiare; è il duo che cacciò Mario Draghi.

La Ue e l’Eurozona procederanno senza di noi che ci perderemo; si fermerà l’unione bancaria, non sarà emesso nuovo debito comune Ue per grandi piani tipo Next generation. Dismesso il ruolo storico di grande paese fondatore della Ue, ne saremo l’affondatore. Bruxelles sarà lontana, vicina invece Budapest. Apriamo gli occhi, è questo l’interesse nazionale per Meloni, i suoi pavidi partner, e i furbetti, finti oppositori.

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