L’improvvisa visita a Roma del ministro degli esteri russo Sergej Lavrov evidenzia l’impegno che il presidente del consiglio Mario Draghi sta mettendo nell’organizzare la riunione straordinaria del G20 sull’Afghanistan.

Non è una missione facile perché –com’è noto- la resistenza anglo-americana all’iniziativa non è stata celata. Ma il G7 virtuale di ieri l’altro non può aggiungere nulla di nuovo agli ultimi giorni di Kabul che stanno concludendosi nell’orrore.

La convinzione di Draghi emerge dalle ultime fasi della vicenda afghana e in particolare dalla decisione americana di ritirarsi in modalità quasi unilaterale, che ha creato dissapori tra alleati.

Precisamente per questo il nostro premier è l’unico a poter insistere con gli americani: nessuno oltreoceano dubita della sua lealtà. Gli altri leader non potrebbero farlo al posto suo: la Merkel è in uscita e considerata troppo vicina a Mosca; Macron sarebbe sospettato di autonomismo gallico; altri leader non hanno il medesimo peso. Il compito è dunque tutto italiano, accresciuto dal fatto che abbiamo la presidenza del G20.

L’Italia è convinta che solo un coinvolgimento russo e cinese potrebbe aiutare a contenere i danni dell’attuale involuzione afghana, compresa la presenza terroristica dell’Isis. C’è chi teme che nemmeno i talebani siano in grado di gestire un paese così complesso, almeno dal punto di vista della sicurezza.

La nostra posizione non è nuova: anche per la Siria l’Italia chiese a più riprese il coinvolgimento russo nel processo di pace di Ginevra, poi fallito.

Non si tratta di essere filo-russi o filo-cinesi: si tratta di tirare le conseguenze della situazione geopolitica e dello strumento multilaterale.

Per tali ragioni Draghi ha visto personalmente Lavrov: è l’unico a non poter essere sospettato di presa di distanza dagli alleati americani. Ciò ha un impatto sull’amministrazione Usa attualmente incerta sul da farsi. Il presidente Joe Biden ha mantenuto ferma la sua posizione sul ritiro da Kabul ma ormai questo è il passato: si tratta ora di decidere cosa fare nel futuro.

Con la sua insistenza sul vertice straordinario Draghi dimostra inoltre di prendere in considerazione le preoccupazioni russe e cinesi: Lavrov a Roma ha dichiarato che la sicurezza della frontiera meridionale è essenziale per la Russia e tutti sanno quanto Pechino sia in ansia per il Xinjian e la questione uigura.

Nella conferenza stampa finale il ministro Di Maio non poteva essere più chiaro: «L’Italia non vuole che a pagare la crisi afghana siano i paesi confinanti».

L’iniziativa di Draghi non sarà facile: c’è da convincere gli americani ma anche gli altri protagonisti. Per ora Pechino tace e non offre nessun appiglio. La visita di Lavrov è di grande aiuto ma chiarisce anche che la Russia non accetterà senza contropartite: «Noi vogliamo capire –ha detto il ministro russo- quale ruolo può giocare la Russia secondo i nostri partner e che cosa possa aggiungere il G20 a tale situazione». «Ci è stato promesso un documento in merito» ha concluso.

Ci stiamo esponendo ad un crocevia politico cruciale. Qualche volta occorre rischiare ed un successo potrebbe aumentare la nostra influenza segnando un nuovo inizio nella regione dell’Asia centrale.

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