Dopo decenni di piccole beghe domestiche, irrompe la geopolitica sulle nostre elezioni: che effetto avranno sul progetto europeo? Nel 1957, con Francia, Germania Ovest, Olanda, Belgio e Lussemburgo fondammo quella che è oggi la Ue. Per abitanti e prodotto lordo siamo terzi nella Ue e nell’Eurozona, col maggior debito pubblico: 2700 miliardi (150 per cento del prodotto), contro i 2300 (70 per cento del prodotto) della Germania.

Debito e scarsa produttività angustiano la Ue, che ci destina 200 dei 750 miliardi del fondo Next Generation Eu; spingono la Banca centrale europea a erigere argini al panico dei creditori, manifestatosi nel 2018 quando la maggioranza giallo-verde vagheggiò ardite manovre sul debito.

Ci salvò il presidente Sergio Mattarella bloccando la nomina a ministro dell'Economia e delle Finanze di Paolo Savona, autore di piani per l'uscita dall'euro.

È una minaccia per la Ue la vittoria del nazionalismo, nell'Italia dal pesante debito sempre da rinnovare. Che esso riesca o no a formare il governo e restare unito, bloccherà ogni progresso istituzionale nella Ue.

Entro dicembre 2023 va negoziato il nuovo patto di stabilità; essendo impossibile rimuovere il diritto di veto di ogni Stato nel Consiglio europeo, serve la cooperazione rafforzata in politica estera e di difesa, chiesta da Romano Prodi.

Dell'arrivo al governo della destra anti-europea sarà lietissimo il presidente russo, Vladimir Putin, che sbaglierà anche i conti (dopo l'aggressione all'Ucraina in funzione anti-Nato, ha intorno più Nato di prima), ma ha convinzioni forti.

Il bersaglio grosso che l'ha spinto a invadere l'Ucraina è la Ue, i cui 450 milioni di cittadini, con passaporto rosso, vivono in media bene, godendo dei diritti umani e civili; di qui il costante flusso di chi scappa da guerre e fame.

Essa attrae molti Stati vicini, che sopportano lunghe code per farne parte. È un potente magnete, inviso agli autocrati, massime confinanti.

Putin è legato da un patto politico alla Lega per Salvini premier, è storico amico di Silvio Berlusconi; Giorgia Meloni, che all'undicesima ora si professa atlantista, ha ottimi rapporti con l'autocrate ungherese Viktor Orbàn, vicino a Mosca.

La vittoria dei nostri sovranisti aprirebbe praterie a Putin e agli altri nemici della Ue; ci farebbe regredire al secondo dopoguerra, a ventisette Stati, piccoli nel grande gioco, soggetti a divisioni a vantaggio di chi impera, impotenti davanti a sfide ben più grandi di loro.

Rischiamo grosso, per condannare la Ue all'irrilevanza, a Putin non serve una destra fascista o traditrice; gli basta un bel governo nazionalista, con dentro gli amici giusti, nel paese il cui debito incombe sull'Europa. L'esito, se non ci svegliamo, seguirà; saremmo utili idioti, in senso etimologico, nel cuore della Ue.

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