È più di un convegno storico quello su “L'Italia dei Cervi. L’Italia del Cervi” che si tiene il 25-26 novembre a Reggio Emilia e a Gattatico, la terra emiliana che ha generato uno dei simboli della Resistenza italiana.

È lo sguardo sull'Italia di oggi, alla luce del passaggio che a metà del secolo scorso ha cambiato la storia dando vita alla Repubblica, alla Costituzione, alla nostra nuova stagione di democrazia. Il nostro imprinting per il tempo a venire.

La memoria

Uno sguardo di verità, senza ambiguità o convenienze. L’anno prossimo segnerà l'80° della Resistenza e della Liberazione. Quelle hanno pacificato l'Italia, con se stessa, con la storia, con il mondo. La voce limpida, così coraggiosa, così naturale di Liliana Segre, all'inizio di questa legislatura, ha spazzato via ogni reticenza del discorso pubblico.

Quel periodo, vergognoso e tragico, della vita della nazione, sarà per sempre davanti ai nostri occhi. Non è relegabile nel passato, solo oggetto di ricerca da parte degli storici.

È una ferita che l'intero popolo italiano dovrà continuare a rivisitare con cura, consegnando alle nuove generazioni ogni volta l'eredità della scelta di allora, quella che ha fatto la differenza nella storia. La scelta della libertà, di cui il Museo di Casa Cervi è una narrazione. Una scelta nata dalla coscienza, dalla dignità dell'uomo, dai valori universali di umanità.

Chi è stato allora sul lato giusto della storia, pagando prezzi altissimi, ha tracciato il solco dell'Italia democratica.

Le istituzioni ne sono oggi l'espressione, e chi si trova temporaneamente a rappresentarle, per volontà degli elettori, non può non rappresentare questa scelta.

Antifascismo

Si chiamò, allora, antifascismo, per indicare l'alternativa all'orrore, e il nuovo sogno dell'umanità. Antifascismo per sempre. Oggi non meno significativo nel tempo delle difficoltà per le democrazie, dell'avanzamento ovunque delle oligarchie politiche, economiche, militari, religiose, della comunicazione, che tengono nelle mani di pochi il potere che appartiene alla sovranità dei molti, nel tempo delle guerre.

I Cervi, acquistando il primo trattore della zona, nel 1939, portarono a casa anche un mappamondo. Per orientarsi nell'ora così buia della storia. Oggi quel mappamondo è al centro del Museo, nella stalla che raccoglieva tutti intorno alla Madre che leggeva, scaldandoli con la luce del sapere, con la generosità del cuore.

Contadini intelligenti, i Cervi, con il culto della famiglia e della dignità, che aprivano le porte della loro casa a tutti. Cattolici e comunisti, con quella miscela di umanità che è così tipica della terra emiliana.

Fratelli tutti, allora come oggi.

Una grande lezione civile, quella della Famiglia Cervi, oggi affidata non solo all'Istituto che ne coltiva il messaggio, insieme con quello del paesaggio agrario italiano di un altro antifascista, Emilio Sereni.

Quella lezione è affidata al popolo italiano, alle sue istituzioni, alle autorità che oggi ne guidano il cammino.

Il calendario civile, nato nel tempo del nostro riscatto nazionale, non è un optional, non è a disposizione dei politici di turno. Ogni stazione sulla via della libertà, segnata su quel calendario, a partire dal 25 aprile, è il luogo della nostra identità, della nostra anima.

Esserci, oggi, in quelle date è un dovere morale. È parte di quell'articolo 54 della Costituzione che stabilisce, nella fedeltà alla Repubblica, che «i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore».

Guai se non ripartiamo dalla nostra storia, ogni incertezza compromette il futuro. Il futuro di democrazia, lavoro, benessere per le nuove generazioni. Il futuro dell'Europa, il futuro di un mondo migliore, in pace.

Se non si riconoscono le radici, si perde l'identità del Paese. Che è democratica e antifascista.

Questa è la prima necessaria consapevolezza. Riconoscere la scelta che ha cambiato la sua storia è condizione imprescindibile per guidare una nazione.

Sapienza vorrebbe che chi oggi rappresenta l'Italia venisse a Casa Cervi, per incontrare quelle radici, per alimentare secondo la Costituzione il presente della vita dell'Italia.

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