Arriva primavera, fioriscono i prati; puntuali maturano sui rami le nomine pubbliche. Il cambio di stagione è propiziato da riti sacrificali; stavolta saranno officiati da un clero in parte alieno. La piega amara sulle labbra di molti tradisce la loro certezza che nulla cambierà, eppure si accende la speranza degli ottimisti.

A parte una miriade di enti e autorità pubbliche, vanno rinnovati molti Consigli d'amministrazione di spa controllate, o partecipate, dallo Stato.

Fra i primi si segnalano il rinnovo della cruciale Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e quello dell'Automobile Club d'Italia, costituito con Regio Decreto del 14 Novembre 2026, per promuovere «gli interessi dell'automobilismo italiano».

A capo di un gruppo, Aci campa del Pubblico Registro Automobilistico, doppione di quello tenuto dalla Motorizzazione Civile al Ministero dei Trasporti. Vari tentativi di razionalizzare i registri si sono infranti contro la resistenza sorda del vertice Aci. Esso s'è dipinto come animale anfibio, mimetizzandosi da pubblico o privato, secondo le circostanze; si ignora dove finirebbe il suo patrimonio nell'ipotesi, ferocemente combattuta, della liquidazione.

Del gruppo fan parte 10 società, che spaziano dal turismo alle assicurazioni, all'informatica, all'ingegneria dei trasporti. A chi risponde il CdA dell'Aci, è domanda seria. Darebbe un bel segnale di forza chi riducesse alla ragione la riottosa provincia, nel comune interesse; l'automobile è stata anche troppo “promossa”, non gli serve più un così ricco mentore.

Anche sulle partecipate, si spera che i nuovi sacerdoti convincano i fedeli della fine degli antichi riti, nei quali spesso si celava la simonia. La positiva storia di molte persone al lavoro sul tema fa sperare nella fine dell'era degli amici che, nominati in quanto tali, ritenevano doveroso attuare la volontà dei mandanti anziché usare il proprio giudizio, ove esistente.

Le principali in scadenza sono Cassa depositi e prestiti (Cdp), Rai, Enel, Poste, Leonardo, il mondo ferroviario nelle sue varie articolazioni, Anas, Invitalia, una bella fetta di Eni etc.

Lo Stato faccia quel che, anche in tante imprese private non si fa, iniziando, da azionista, a chieder conto della gestione agli uscenti, comparandola con i risultati di altre imprese del settore nel mondo.

Dovrà poi stabilire gli obiettivi dei nuovi organi, dandogli strumenti - finanziari e di governo societario - per conseguirli; altra cosa che molte imprese private non fanno. Usi pure con giudizio i “cacciatori di teste”, che non sono il verbo, ma non per vidimare scelte già fatte; chi ne ha il potere ne assuma anche la responsabilità.

I sistemi di remunerazione van calibrati con logica e realismo. Non si “comprano” grandi competenze con paghe risibili, ma conta anche l'affidabilità, nei confronti non già di chi nomina, ma dell'impresa, i cui interessi a volte non collimano con quelli degli azionisti, controllanti inclusi.

L'affidabilità raramente s'accompagna all'ingordigia, alcune somme stellari potrebbero essere ridotte senza che l'impresa perda un campione mondiale; il confronto con le retribuzioni di altri al vertice è sensato, ma genera una tendenza irreversibile all'aumento. Ben lieti l'assecondano i consulenti, che molto ne profittano.

A Cdp va dato un mandato chiaro, in blocchi, che fermino un'espansione parsa fine a se stessa; è un gran conglomerato, che va dai mutui a Stato ed enti locali, al private equity e tanto altro. Avrà pure 44 miliardi da destinare a “Patrimonio Rilancio”; se missione e funzionamento di questo non saranno radicalmente rivisti, diverrà un cronicario di aziende sull'orlo della fossa, come fu negli anni Settanta la Gepi. Il cda avrà molto da fare.

Dove il governo potrebbe più marcare il mutamento è in Rai, controllata dal ministero dell'Economia e delle Finanze; sappiamo cosa è, e cosa potrebbe essere, nel mutato scenario, fra servizio pubblico e media company.

Non serve inventare lo scaldabagno, solo imitare gli esempi giusti. Una Rai sottratta a logiche spartitorie, guidata da gente indipendente, competente, con spirito di servizio e spina dorsale non troppo flessuosa, sarebbe il miglior segnale che il vento è girato.

Potremmo sperare di più nella risalita, faticosa sì ma ordinata e speranzosa, delle valli che da tempo scendiamo con orgogliosa insicurezza.

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