Quello che sta succedendo in Polonia a due importanti storici come Barbara Engelking e Jan Grabowski è l’ennesimo passo del governo polacco per cercare di ridurre – se possibile cancellare – le tante responsabilità dei polacchi sull’olocausto.

Il 9 febbraio, i due autori del saggio storico Night Without End, sono stati condannati a scusarsi ufficialmente nei confronti 80enne Filomena Leszczynska, che è la nipote di Edward Malinowski sindaco del villaggio polacco Malinowo nel Nord-Est della Polonia accusato di aver fatto assassinare una ventina di ebrei.

L’anziana signora, sostenuta da Maciej Swirski, capo della Polish League Against Defamation, ha intentato causa contro i due storici sostenendo che, a differenza di quanto scritto nei libri dei due storici, il nonno era innocente, in quanto scagionato del dopoguerra dal crimine di collaborazionismo.

Si salvò perché un’altra ebrea, Estera Siemiatycka, testimoniò che lo stesso sindaco gli forni delle “carte ariane” per andare a lavorare in Germania come lavoratrice coatta.

Un processo costruito ad arte, voluto soprattutto da Swirski, che ha controllato le note e mettendole a confronto con i processi del dopoguerra ha riscontrato la difformità.

Questo è solo l’ultimo atto di una sequenza di attacchi alla libertà di ricerca storica, che hanno l’intento di volerne costruire una fittizia per ripulire gli armadi nello scheletro della Polonia, paese da sempre tormentato dal male dell’antisemitismo.

Minimizzare l’Olocausto

Dietro a queste attacchi agli storici, però c’è ben altro oltre a queste intimidazioni, che sono già gravissime,  c’è il tentativo di minimizzare l’Olocausto e annullare l’effetto delle più recenti scoperte storiche sull’argomento.

Il fatto che senza i collaborazionisti, diffusi in tutti gli stati europei, i nazisti non sarebbero riuscita a portare a termine il genocidio degli ebrei, ma soprattutto degiudaizzare la shoah, attraverso le distorsioni e l’oblio, come era già successo nel primo dopoguerra.

La Shoah deve essere addomestica per rientrare nella storia nazionale, e per farlo deve essere senza ebrei, perché ancora oggi, alla maggior parte dei polacchi gli ebrei piacciono poco.

Le parole espresse nel 2018 del ministro della Giustizia polacco Zbigniew Ziobro, all’indomani della promulgazione della legge in cui si condannava a tre anni di carcere chi non specifichi attentamente le responsabilità tedesche e polacche, fanno timore: «Oggi, il governo polacco ha fatto un passo importante verso la creazione di strumenti più potenti che ci consentiranno di difendere meglio i nostri diritti e la verità storica, ma anche di difendere meglio il bene. nome della nazione polacca, senza distinzione di dove nel mondo si verifica un atto di calunnia della nostra nazione o una falsificazione della nostra storia».

Gran parte delle tesi dei nazionalisti polacchi si reggono sul fatto che la Polonia è il paese con il maggior numero di Giusti tra le nazioni, omettendo del tutto fatti come il pogrom di Jedwabne del 1941 o quello di Kielce del 1946 entrambi compiuti da polacchi.

Ai nazionalisti polacchi, attualmente al potere in Polonia, piace usare l'espressione pedagogika wstydu (educazione alla vergogna), un’accusa di sottomissione culturale verso una narrazione proveniente dall’Europa tesa a distruggere l'orgoglio della nazione polacca, inculcandolo con nozioni aliene come “diritti dei gay”, “società aperta”, “multiculturalismo” o “politicamente corretto”.

Questa Polonia nazionalista teme per la sua reputazione, ma al di fuori di essa non ha nessun modo per far tacere la libera ricerca, l’unica cosa che può fare è rispondere duramente in patria, per il proprio elettorato, anche a costo di fare magre figure.

Le reazioni

Contro questa condanna si è mosso gran parte del mondo accademico e le grandi istituzioni mondiali su questi temi, purtroppo nulla è valso.

La questione non è soltanto storica, la partita è politica: non dovrebbero essere solo gli storici a difendere altri storici; qui ci sono di mezzo i diritti dei polacchi, attaccati anche in altri versanti (vedi legge sull’aborto e principi di pari opportunità).

Dovrebbe essere l’Unione europea e ogni singolo Stato a protestare contro questa condanna, che viola una delle libertà più elementari ma tende a minacciare diritti protetti dalle varie Costituzione europee.

Il Giorno della memoria del 27 gennaio non deve essere una data retorica, ma impegno concreto dei politici messo in atto da formali e nette prese di posizioni.

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