- Da tempo il capo dello stato sta parlando a un paese che non pare granché attento. Su due temi in particolare, entrambi di rilievo. Il primo è che nonostante voci e pressioni non è disponibile a un secondo mandato.
- L’altro, più complesso, sta nell’asse del discorso letto il 2 giugno, festa della Repubblica, nel cortile di un Quirinale addobbato. Si è trattato dell’orazione più “politica” che un presidente della Repubblica si sia concesso in settant’anni e oltre di democrazia.
- E allora sul merito: quel discorso è il frutto di un tempo malato e di una democrazia oggi più fragile di quando Sergio Mattarella ha fatto il suo ingresso nel palazzo del Quirinale.
Da tempo il capo dello stato sta parlando a un paese che non pare granché attento. Su due temi in particolare, entrambi di rilievo. Il primo è che nonostante voci e pressioni non è disponibile a un secondo mandato. L’altro, più complesso, sta nell’asse del discorso letto il 2 giugno, festa della Repubblica, nel cortile di un Quirinale addobbato. Tornare lì, a quel testo, fosse solo per non far cadere nel nulla l’intervento forse di maggiore peso dell’intero settennato non pare inutile. Al fondo



