- La mafia si deve combattere anche con le nuove tecnologie, sostiene il rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco.
- A Politecnico di Torino si insegnano al personale della Dia, la direzione investigativa antimafia, le tecniche di cybersecurity offensiva, per individuare le transazioni illegali effettuate nel dark web.
- Il crimine corre velocemente sul crinale delle tecnologie più avanzate potendosi permettere di pagare profumatamente professionisti.
Dall’arresto di Matteo Messina Denaro passando per la questione delle intercettazioni, l’intreccio tra tecnologia è giustizia è oggi uno punto assai delicato.
In particolare, in un intervento al Senato, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo ha rilevato come altri paesi siano molto più avanti rispetto all’Italia nell’impiego delle tecnologie ai fini investigativi. Sul tema, è stato citato Giovanni Falcone, il quale diceva che i cartelli criminali hanno oggi capacità di adattarsi alle moderne tecnologie e dispongono di una “security” che non ha nulla da invidiare a quelle delle grandi società.
Il bisogno di nuove tecnologie
Insomma, la mafia si deve combattere anche con le nuove tecnologie. E su questo il Politecnico di Torino può dare un suo contributo concreto. In particolare, a nome dell’Ateneo ho ricevuto con grande orgoglio la richiesta di collaborazione da parte della Direzione investigativa antimafia.
Si tratta di un accordo per noi prestigioso, sul quale intendiamo impegnarci al massimo fin da subito, e che prevede, tra le varie attività, la formazione del personale attraverso l’insegnamento al personale della Dia di tecniche di cybersecurity offensiva, per individuare le transazioni illegali effettuate nel dark web e risalire ad investimenti illeciti in criptovalute e non-fungible token, ovvero la individuazione di server che gestiscono le piattaforme criptate attraverso le quali i membri delle organizzazioni mafiose comunicano.
Il crimine corre velocemente sul crinale delle tecnologie più avanzate potendosi permettere di pagare profumatamente professionisti di queste frontiere.
Noi dobbiamo fare in modo che anche lo stato riesca a reagire con velocità paragonabile. Per questo possiamo e dobbiamo dare una mano, basandoci su tecnologie che studiamo, insegniamo e su cui facciamo ricerca.
L’Anti financial crime digital hub
In questa direzione, il Politecnico e l’Università di Torino, con il Gruppo Intesa Sanpaolo e la società CentAI, hanno dato vita pochi mesi fa a una società consortile, l’Anti financial crime digital hub. Essa si pone l’obiettivo di utilizzare l’intelligenza artificiale per realizzare algoritmi e modelli, sviluppati in challenge concepite ad hoc, per il contrasto al crimine finanziario ed in particolare al riciclaggio, con un budget annuale di circa due milioni di euro. Un nuovo esempio di alleanza tra stakeholder pubblici e privati per la propulsione di una società sostenibile ed etica.
Proprio per massimizzare questo impatto è in discussione l’allargamento della compagine a ulteriori primari istituti finanziari.
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