Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua, stabilita dalle Nazioni Unite nel 1992 per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni del pianeta sulla preziosità dell’acqua, sull’importanza di ridurre il suo spreco e sulla sempre più urgente necessità di assumere comportamenti virtuosi, diretti a contrastare il cambiamento climatico.

Che l’acqua sia fondamentale ce lo insegnano anche molte religioni, riconoscendone in modi differenti la sacralità. Ce lo rammenta anche l’arte. Molte e molti ricorderanno il film dei fratelli Coen, Fratello dove sei?, datato 2000.

L’acqua nel film dei Coen

Prendendo libero spunto dall’Odissea, Joel ed Ethan Coen raccontavano la fuga di tre galeotti Ulysses Everett McGill, Delmar O’Donnell e Pete Hogwallop. C’è molta acqua nel loro peregrinare, a partire dalla sosta in riva a un lago, sulla quale i tre decidono di fermarsi attratti dalle voci di un coro che potremmo definire angelico.

Vedono una processione di cristiani biancovestiti, tutti diretti dentro al lago per farsi battezzare. Rapiti dall’atmosfera, Delmare e Pete si gettano nell’acqua per espiare le proprie colpe, mentre Everett ne rimane fuori, lontano da quelle che ritiene semplici superstizioni.

La canzone cantata dai battezzandi e dalle battezzande è Down in the River to Pray (Dentro al fiume per pregare). Nel film la voce è quella, magnifica, di Alison Krauss, che contribuì a far vincere un Grammy alla colonna sonora di Fratello dove sei?.

È un brano della tradizione statunitense, del quale abbiamo numerosissime registrazioni. La prima risale al 1876, contenuta all’interno di una raccolta intitolata Slave Songs of the United States.

Il titolo originario è quello mantenuto dai fratelli Coen, ma in altre occasioni (tante) la canzone è stata registrata come Down to the River to Pray, (verso il fiume anziché dentro il fiume) tradendo però il suo significato originale. Perché? La risposta celebra la sacralità e l’utilità dell’acqua.

Il battesimo

In the River (o nel lago, per restare al film) richiama il battesimo che si riceve dentro al fiume, con l’immersione totale di memoria evangelica, Gesù nel Giordano. L’acqua per il cristianesimo è elemento sacro per eccellenza, tanto che pure nella storia dell’astinenza quaresimale si vietano le carni degli animali di terra, non quelle dei pesci.

Di nuovo, chiediamoci: perché? Perché gli animali marini furono presto esclusi dai divieti alimentari così rilevanti per la storia del cristianesimo? Una delle giustificazioni teologiche tramandate fino a noi identificava i pesci e i loro parenti d’acqua dolce e salata come degli esseri viventi risparmiati dalle maledizioni divine, con delle spiegazioni arzigogolate. Proviamo e seguirle.

Dopo aver ingannato Eva, il serpente aveva subito la condanna a mordere la terra e dunque a inzaccherarla con la sua impurità, i peccati degli uomini sulla terra (appunto) erano stati sommersi dal diluvio e l’acqua, via di salvezza per Noè e la sua arca, era anche elemento portatore di santità, in virtù del suo ruolo fondamentale per il sacramento del battesimo.

Teniamoci pure i nostri dubbi teologici e passiamo al secondo, più interessante e nascosto, significato di In the River: un riferimento ai codici nascosti che molte slave songs comunicavano a chi cantava e ascoltava, cercando di dare dei consigli per una fuga con qualche possibilità di successo.

Entrare nel fiume aveva due vantaggi: consentiva di far perdere le proprie tracce poiché l’acqua non conserva impronte; confondeva l’olfatto dei cani utilizzati dai cacciatori di schiavi, mescolando e disperdendo gli odori.

La storia dello schiavismo racconta vicende di fughe riuscite, non molte, ma ce ne sono. Quante di quelle narrazioni a lieto fine devono qualcosa all’acqua e ai messaggi nascosti in un inno apparentemente liturgico? Non lo sappiamo, ma fosse anche una sola, certo ci direbbe più sulla sua sacralità di quanto non riesca a fare, parlandoci di serpenti, un’elucubrazione teologica.

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