Nei prossimi anni la politica estera francese sarà informata da palese continuità e spettacolari novità. Preoccupata dall’aggressività russa, Parigi vorrà colpire indirettamente Mosca per costringerla ad abbandonare l’Ucraina, ma senza estrometterla dal continente.

Irritata dal massiccio ritorno degli Stati Uniti in Europa, manterrà un dialogo con il Cremlino per reintrodurre l’Orso nel contesto e confutare la necessità di una Nato potenziata. Inquietata dal grandioso riarmo annunciato dalla Germania, rilancerà le Forze armate europee per disinnescare l’eventuale aggressività del vicino renano, per corroborare quella costruzione comunitaria che ritiene piattaforma della sua influenza. Fiaccata dalla ritrosia della sua opinione pubblica e dalla presenza dei mercenari russi, proverà a ridurre il proprio impegno nel Maghreb e nel Sahel, invitando in loco alleati che ne condividano il fardello – specie l’Italia.  Nel solco di un Esagono che si pensa mondiale, perfettamente incarnato da Emmanuel Macron.

Ripensare l’azione

(AP Photo/Thibault Camus)

Animata da pulsioni velleitarie e smarginate, tra i paesi occidentali inseriti nel campo americano la Francia è quello dotato di maggiore disinvoltura. Anche attraverso il sentimentale rapporto che la lega a Washington, miscela di odio e amore che le conferisce un margine di manovra dagli americani negato perfino ai cugini inglesi. Come per ogni cancelleria del globo, in questa fase anche l’Eliseo è chiamato a rivedere il proprio approccio a numerosi dossier internazionali. Le conseguenze prodotte dall’aggressione russa ai danni dell’Ucraina lo costringono a ripensare la sua azione.

Anzitutto nei confronti di Mosca. Fautore di un europeismo marcatamente gallico dunque perfettamente strumentale, nel prossimo mandato Macron vorrà sostanziare le proprie alte pretese, inibendo la Russia, limitando l’ingerenza degli Stati Uniti, imbrigliando la Germania, attirando gli alleati nella Françafrique.

Al cospetto degli eventi d’Ucraina, nelle ultime settimane Parigi ha convintamente aumentato il proprio impegno in favore del governo Zelensky in fornitura d’armi e di intelligence. Con l’obiettivo di frenare l’espansionismo russo, di danneggiare Mosca. Ma possibilmente senza costringerla in un angolo, senza espungerla dal continente. L’Eliseo considera indispensabile l’interlocuzione con il Cremlino, come testimoniato dalle frequenti telefonate tra Macron e Putin. Al fine di estendere lo spazio europeo, di impedire agli Stati Uniti di dominare ulteriormente il continente.

Di qui il durissimo scambio tra Macron e il premier polacco Mateusz Morawiecki, che accusava il francese di intelligenza con il nemico. Di qui le sollevate dichiarazioni dell’Eliseo sulla morte cerebrale della Nato, pronunciate qualche tempo fa e pensate per arginare la rilevanza di Washington. Nazione al contempo gemella e opposta degli Stati Uniti, da sempre la Francia guarda con sospetto allo strapotere americano in Europa – come sovente indicato da François Mitterand. Nella convinzione che, in assenza degli anglosassoni, il Vecchio Continente possa tramutarsi in un moltiplicatore della sua caratura.

Architettura comunitaria

Nell’immediato Parigi userà la sua idea comunitaria per imbracare la Germania in tempi di eccezionale riarmo. Macron riproporrà le Forze armate europee per convogliare al loro interno la rinnovata capacità bellica di Berlino, per condurla sotto il proprio comando. Ma risulta alquanto difficile immaginare che la Repubblica federale affidi i propri ufficiali ai generali d’Oltralpe, specie a fronte di spese tanto ingenti. Abbastanza per creare uno iato dentro l’asse renano, con Parigi che potrebbe censurare l’ambiguità tedesca nei confronti della Russia per (ri)condurla verso sé.

Improbabile dimensione militare dell’architettura comunitaria che l’Eliseo vorrà giocare anche contro il Regno Unito, assai attivo nell’Europa orientale, specie in funzione antirussa, per escludere Londra da un eventuale comando accentrato – di difficile attuazione.

Lo sforzo in Africa

Ancora, nel medio periodo la Francia ridurrà il proprio sforzo militare nell’Africa nordoccidentale, a causa della stanchezza dell’opinione pubblica, dell’inserirsi in quei territori della Russia con i mercenari del gruppo Wagner. Soprattutto in Mali, nella Repubblica Centrafricana, nel Ciad.

Senza rinnegare le proprie mire geopolitiche sulla regione. Anzi, invitando i suoi principali alleati a sostenerne lo sforzo. Tra questi, certamente l’Italia, adesso chiamata nel Sahel dopo i rifiuti ricevuti negli anni scorsi. Tentativo d’Oltralpe a spartire il peso della propria azione, con piglio assai simile a quello statunitense.

Contorni di una politica estera che vuole la Francia grande potenza dell’oggi e dell’avvenire. Incline a coltivare simultaneamente i dossier che reputa più rilevanti, senza badare alla natura irrealizzabile di molti propositi. Nella consapevolezza che Parigi o vive di grandeur o muore.

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