La larga maggioranza che sostiene il governo Draghi mostra in questi giorni tutti i suoi limiti. È una maggioranza che non è in grado di scegliere.

In Senato il ddl Zan si è arenato. Da settimane si susseguono le notizie di violenze e minacce a danno di persone omosessuali. Ma un’area della maggioranza (la Lega, buona parte di Forza Italia e con varie ambiguità ora persino Italia viva) non vuole fare avanzare i diritti in questo paese, non vuole approvare una legge che dia maggiori tutele giuridiche e promuova l’educazione culturale, per far sì che in Italia ognuno sia libero di essere e di amare chi vuole, senza sentirsi discriminato o avere paura. Stessa ambiguità si nota sulla riforma fiscale, dove la larghissima maggioranza si è messa d’accordo sulla riduzione delle tasse alle imprese e sulla necessità di ridurle al ceto medio, ma ha partorito un testo in cui accanto alla lotta all’evasione si elogiano i passati condoni, e non sembra in grado di mettere mano a una seria revisione della tassazione sulle rendite. Da notare che senza una svolta nella lotta all’evasione (oggi possibile, se la politica lo vuole), o senza un riordino del fisco in senso progressivo e che scoraggi le rendite, la sola riduzione delle tasse porterà o a un aumento del debito o al taglio del welfare e della pubblica amministrazione (proprio ora che la stiamo potenziando: un controsenso).

Sui consulenti per l’attuazione del Recovery. È stato scritto (Michele Salvati, sul Foglio) che non c’è nulla di male se in un governo di unità nazionale vengono chiamati due economisti di destra, neo-liberali, in una rosa più ampia. Giusto. Ma a parte che centinaia di studiosi hanno criticato quelle nomine soprattutto per le loro competenze, il problema qui è proprio a monte, nell’«unità nazionale», che impedisce di fare scelte coerenti. Il Recovery per esempio ha una direzione chiara nella lotta ai cambiamenti climatici. Chiamare a valutarlo uno studioso che minimizza la crisi climatica non è certo un bel segnale. Eppure una parte della maggioranza difende questa scelta (anzi è stata proprio lei a volerla). Usciremo da questa pandemia con più diritti, rafforzati nelle nostre libertà civili e personali dopo un anno in cui hanno sofferto in modo così drammatico? Usciremo con un paese più giusto, dopo che tutti abbiamo riscoperto l’importanza del welfare state e della solidarietà nazionale? Usciremo con una maggiore consapevolezza ambientale, o continueremo a sottovalutare il problema? Ne usciremo tutelando il lavoro, o rischieremo di andare incontro alla più grave crisi sociale dal dopoguerra a oggi (altro tema su cui la maggioranza è divisa)? Usciremo più moderni e aperti al mondo, trattando in modo degno chi viene a vivere e lavorare in Italia, o ci chiuderemo ancora di più?

Tutte queste domande si tengono insieme. E a nessuna di loro l’attuale maggioranza è in grado di dare una risposta condivisa. Deve essere il governo Draghi, allora, se vuole continuare a essere utile al paese, a dare una risposta.

© Riproduzione riservata