Mentre continua la guerra ucraina, tanti temi urgenti della cooperazione globale passano in seconda linea. Sono in pericolo i lavori del G20; cresce il rischio di un mondo diviso e debole di fronte a gravi problemi comuni.

Il G20 rischia il fallimento se i paesi in disaccordo sulla questione Ucraina non vogliono sedersi allo stesso tavolo. Per quanto riguarda il vertice conclusivo la questione può avere sviluppi strani.

La presidenza indonesiana ha invitato il presidente ucraino Volodomyr Zelenski; la sua presenza potrebbe contribuire all’assenza di quello russo Vladimir Putin la quale potrebbe rimettere al tavolo Joe Biden che ora vuol escludere Putin. Ma al di là del gioco delle sedie al vertice finale, c’è il più concreto lavoro dei numerosi comitati interministeriali da salvare. Occorre concludere su questioni urgenti e indipendenti dalla guerra.

L’agenda

Servono almeno due azioni. Primo: convincere gli Usa ad avere un atteggiamento pragmatico e costruttivo, rinunciando a strumentalizzare la diplomazia del G20 per segnare dei punti con la Russia e la Cina.

Poiché a pensar male si fa peccato ma spesso si indovina, si può sospettare che la posizione degli Usa sia dettata prevalentemente dal gioco propagandistico della politica interna nel quale l’esibizione di un contrasto muscolare con la Cina sia persino più importante di quello con la Russia.

Spetta forse all’Ue, e soprattutto ai suoi tre Paesi maggiori, Germania, Francia e Italia, di premere sull’alleato d’oltreatlantico perché cambi atteggiamento.

La seconda azione cruciale è il ridisegno dell’agenda del G20 di quest’anno. Se è troppo ampia e ambiziosa lo stato delle relazioni internazionali metterà continuamente i lavori a rischio di fallimento e, comunque, vedrà conclusioni di pura vetrina.

Ancor peggio se si volesse usare proprio il G20, come alcuni Paesi sembrano pensar di fare, per affrontare più o meno direttamente la questione della guerra ucraina.

È necessario limitare l’agenda, scegliendo pochi temi la cui urgenza e importanza siano indiscutibili e la cui natura sia tale da non offrire pretesto a giochi di esclusione con la Russia.

L’urgenza stessa di quei problemi e la possibilità concreta di contribuire a una loro parziale soluzione con decisioni maturate nel G20, devono essere la ragione, proclamata dalla presidenza indonesiana, per l’impegno del gruppo quest’anno.

Tre temi che avrebbero queste caratteristiche sono la gestione del debito insostenibile dei paesi più poveri, la sicurezza alimentare del globo e le politiche sanitarie globali.

Sul primo fronte il G20 degli ultimi anni ha fatto qualche passo importante che ora urge completare, per evitare gravi crisi finanziarie, politiche e umanitarie. La sicurezza alimentare ha un profilo sfidante per il suo ovvio aggancio con le produzioni e i commerci agrari dei paesi belligeranti in Ucraina: ma è una sfida che anche tali paesi possono accettare di affrontare. Le iniziative in corso per permettere che dai loro porti partano i carichi alimentari vanno in questa direzione.

Le politiche sanitarie hanno visto, nel G20 2021, sotto la presidenza italiana, un tentativo originale e importante, che non va lasciato soccombere, di far lavorare insieme i ministri delle Finanze e quelli della Salute.

In materia di vaccini sia Cina che Russia hanno problemi e tensioni con l’occidente, ma una trattativa ben mirata e circoscritta può trovare nella concretezza di parziali soluzioni una ragione di accordo.

L’Italia, come membro della troika del G20, potrebbe farsi portatrice presso l’Indonesia della proposta di un’agenda le cui linee di fondo sono state condivise da Ue e Usa.

Dopodiché starà all’abilità degli indonesiani la gestione dei lavori interministeriali e del summit finale, dove vanno sopportate, senza enfatizzarle, eventuali assenze e dissensi, nonché approvazioni non unanimi, purché l’impegno globale a cooperare sia confermato col perseguimento di alcuni risultati limitati ma molto concreti. Con la speranza che negli anni futuri il G20 possa tornare a permettersi maggiori ambizioni.

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