L’assoluzione in appello per il reato di turbativa d’asta dell’ ex sindaco di Lodi Simone Uggetti e soprattutto la lettera di Luigi Di Maio in cui faceva mea culpa per l’aggressione mediatica che gli allora pasdaran senza macchia dell’onestà avevano inscenato all’epoca dei fatti, nel  2016,  hanno riproposto almeno tre questioni importanti .Una riguarda la scivolosità di molte norme che imbrigliano, e spesso paralizzano, l’attività degli amministratori locali, e anche di molti funzionari, che operano sul filo della legalità formale, col rischio di incappare in qualche reato, magari solo omissivo ,nel ginepraio delle norme, e all’aggressività di una pletora di avvocati alla disperata ricerca di una causa per lavorare.

Uno dei più gravi e più occultati problemi della giustizia italiana è l’ipertrofia del corpo degli avvocati: nel 2018 ( dati dell’Associazione Nazionale Forense) in Italia operavano 388 avvocati ogni 100.000 abitanti conto i 100 della Francia,  per non dire del numero risibile di quelli presenti nei paesi nordici;  qualcuno ha mai posto in relazione numero delle cause, numero degli avvocati e tempi lenti della giustizia?

Una seconda questione investe il circuito stampa-magistratura, dove gli organi di informazione svolgono la funzione delle “tricoteuse”, le donne che durante la Rivoluzione francese sferruzzavano in attesa di vedere come andavano le esecuzioni nella pubblica piazza. Il mostro è sempre sbattuto in prima pagina. Poi se risulta innocente, due righe, a meno che non vi sia un fatto nuovo come l’intervento di Di Maio. E di mostri attualmente, ce n’è  un certo numero sulle prime pagine , alcuni anche a causa del loro cognome.

Una terza questione rimanda all’onestà dei politici, anche se non si limita a questo aspetto soltanto ma investe la figura stessa del politico. Se prescindiamo dal caso dell’ex sindaco di Lodi – che peraltro presenta contorni ancora non chiari visto che comunque aveva distrutto documenti in merito alla gara, ed era stato denunciato da una funzionaria che riteneva di essere stata forzata a commettere un illecito e, a quanto pare, non querelata per calunnia  - le considerazioni che i cittadini hanno della probità dei politici sono drammaticamente negative . E non solo in Italia.

Questione di fiducia

Alcuni anni fa, una inchiesta internazionale dimostrava che il 56 per cento degli olandesi, il 59 per cento dei tedeschi, il 61 per cento dei britannici e il 65 per cento dei francesi non credevano che la maggior parte dei loro leader politici fosse onesta.

Questo non dovrebbe stupire troppo se circola tra alcuni economisti la stupefacente visione secondo la quale la qualità di un politico si vede da quanto è aumentato il suo reddito dopo che ha terminato il mandato di rappresentante: l’ arricchimento attraverso e/o grazie l’esercizio di funzioni pubbliche è la sacrosanta e legittima molla per entrare in politica…  E pazienza se qualcuno è un po’ malaccorto e si fa cogliere con le mani nella marmellata.

La richiesta che i politici si comportino in modo corretto, onesto e decoroso è comunque diffusa ovunque , anche laddove i cittadini stessi non rispettano le regole.

Tuttavia l’opinione pubblica più che dalla corruzione o dalla malversazione è negativamente influenzata dall'alto status di cui godono i politici e dalla percezione che si prendano cura di sé stessi e non della cittadinanza in generale.

La corruzione è infatti una patologia del comportamento dei rappresentanti. L'attuale furore contro i politici prescinde da una considerazione dell’ elemento patologico/criminale della pratica politica: riguarda invece la  fisiologia , l'attività normale del politico. E’ proprio qui il problema.

I politici sono valutati negativamente per la loro estraneità-separatezza rispetto al cittadino “medio,” e per i privilegi di cui,  immeritatamente, godono a incominciare  dalle alte retribuzioni .

L'opinione pubblica e italiana, così come quella europea, richiede comportamenti diversi da parte dei politici, ben oltre il minimo requisito di onestà: essi desiderano una relazione di fiducia che si fondi sulla sensazione di condividere fini collettivi, di una azione fondata più su un senso di missione del proprio impegno come sosteneva il grande sociologo inizio secolo, Max Weber.

I politici che sfondano il tetto di cristallo della diffidenza hanno praterie di consenso davanti. E forse proprio coloro che vengono da altre esperienze hanno maggiori chances, come l’alta considerazione goduta da Giuseppe Conte prima e da Mario Draghi oggi .

© Riproduzione riservata