Vi è un problema all’origine del passo indietro della politica che dovrà essere esaminato una volta pacati gli umori: la scarsità del bene “fiducia”. Da cui deriva la scelta di un attore esterno. Una soluzione che ricorda antiche diffidenze: nel comune fiorentino del Trecento, il Podestà (potere esecutivo eletto annualmente) veniva scelto tra cittadini forestieri per rendere imparziale l'istituzione.

Di questo c’era bisogno perché il comune era un patto tra corporazioni e gruppi disomogenei e spesso nemici. Una società corporata non può godere della fiducia che nasce da un sistema imparziale di norme. Il suffragio universale e la rappresentanza politica hanno risolto il problema della sfiducia tra le parti.

La mescolanza delle appartenenze sociali grazie al voto individuale ha facilitato l’accettazione della regola di maggioranza e dell’opposizione legittima.

Le democrazie moderne hanno risolto gli antichi problemi di disunione immettendo le parti sociali in una sovranità politica nazionale su base giuridica e istituzionale. Ha reso possibile la traduzione politica degli interessi. L’esito è stato l’accettazione a stare al gioco anche quando non parte della maggioranza. Così è caduto il bisogno di rivolgersi ad un attore esterno per trovare unione.

Nel nostro paese questo bisogno non è mai scomparso. Il governo Draghi può essere interpretato secondo il modello antico: quando la decisione riguarda questioni “corpose” tutte le parti vogliono stare dentro il gioco direttamente, perché non si fidano degli istituti rappresentativi e del governo di una maggioranza. Chi sono “le parti” in questione?  Non i partiti o i gruppi parlamentari.

 Anzi, la loro debolezza rappresentativa è alla base del ricorso all’attore esterno. Che deve, si badi bene, prefigurare l’unità delle forze sociali, non semplicemente dei partiti che siedono in parlamento. E allora, come può il “produttivo” Nord non voler avere una voce diretta in queste decisioni “corpose”? Si credeva davvero che un governo Conte II, rappresentativo del Sud e del Centro, potesse far dormire sonni tranquilli l’Italia d’oltre Po? Basterà la pattuglia di Forza Italia a rappresentare il Nord o non vorranno entrarci le armate al completo?

Così sembra a giudicare dalla giravolta europeista del trasformista Salvini e dalle comparse frequenti di Giorgetti, la faccia ordoliberale del Nord. Come l’Europa reagirà al governo del Recovery Fund con un partito che sta nel gruppo Identità e Democrazia al Parlamento europeo (insieme alla destra radicale) non lo sappiamo.

L’Italia è un patchwork, con un Sud disgregato e ai margini, un Centro organico di benessere diffuso, un Nord con un ribollire di ambizioni ipertecnologiche e affariste che sentono un po’ distanti le altre due Italie, e comunque di esse non si fidano quando deve decidere su questioni “corpose”. E’ impensabile che il governo Draghi non includa le tre Italie.

Draghi ha non a caso proposto un governo di “unità”, non di “unità nazionale”. Ha inteso cioè proporre una “unità” socio-economica non semplicemente politica. Tener fuori la Lega sarà difficile. Ma è saggio che, dunque, fuori restino PD, LeU e M5S? Quel che c’è dell’alleanza giallo-rossa deve restare e incidere; in preparazione del dopo Draghi, con con un intento rivolto al domani.

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