Vi raccomando di dare la parola ai poveri», così ha detto papa Leone XIV ai membri della fondazione Centesimus Annus per la diffusione della dottrina sociale della chiesa. È una richiesta che definisce l’inizio pontificato, assieme ai temi del dialogo e ricerca della pace più volte ripetuti in questi primi giorni. Papa Prevost ha offerto il Vaticano a chiunque voglia confrontarsi, iniziando da Zelensky e Vance. Si vocifera di una possibile mediazione vaticana: sarebbe una svolta.

Il papa ha anche sottolineato almeno due volte quanto il dialogo interreligioso sia cruciale per ottenere convivenza e pace. Ai diplomatici ha rivolto un discorso che sulle prime può sembrare tipico: pace non solo come «mera assenza di guerra», non «una semplice tregua», ma come un impegno «che esige anzitutto un lavoro su sé stessi … sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi».

Colpisce l’insistenza sul linguaggio: l’aveva detto anche a stampa e media . Papa Leone chiama ad un generale abbassamento dei toni osservando quanto il quadro geopolitico internazionale sia deprimente: ci si insulta a vicenda, creando ancora più ostacoli alla pace. È ciò che è avvenuto in questi giorni attorno al (quasi) fallito appuntamento di Istanbul: prima ancora di decidere i leader si sono scambiati offese a dimostrazione della poca buona volontà.

Quello del papa è anche un appello dentro la chiesa: cessare i mormorii e le diffamazioni reciproche che hanno segnato questi ultimi tempi e riscoprirsi «fratelli tutti», come ha concluso nell’omelia d’inizio pontificato.

Scrutando più da vicino le intenzioni del pontefice si vede che è alla ricerca di alleati. La chiesa cattolica è rimasta l’unica realtà globale preoccupata del bene di tutti e non solo per sé stessa. L’imprinting è di papa Francesco, che l’ha profondamente cambiata. È rimasta sola nell’idea di una transizione ecologia, mente tutti i leader stanno retrocedendo sugli impegni presi nelle varie Cop.

La stessa Onu pare compromessa. Papa Leone ha detto che c’è bisogno di un nuovo multilateralismo proprio quando non ci crede più nessuno. Questo tema è radicato nel Concilio Vaticano II che vedeva nel dialogo tra le chiese (e le religioni) l’evocazione dell’unità del genere umano: «Chiese sorelle, popoli fratelli».

Niente di più lontano dalla realtà attuale, e proprio per questo il papa ne rilancia il sogno. Inoltre c’è un forte appello in difesa della diplomazia: Leone denuncia che sia stata troppo umiliata e abbandonata in favore della guerra intesa come strumento (deterrenza e via dicendo).

Ma per il papato da circa un secolo la guerra è solo l’ingranaggio del male che stritola tutti. Certamente il papa è preoccupato per la guerra in Ucraina che è allo stesso tempo una rottura dentro il mondo dell’ortodossia sulla quale papa Francesco aveva tentato senza successo di intervenire. Anni fa si parlava di clash tra le civiltà, ma il clash più acuto è avvenuto dentro una medesima civiltà.

Papa Leone eredita i grandi passi avanti compiuti con l’islam – sia sunnita che sciita - ma deve ricucire con l’ebraismo (ha già lanciato i primi messaggi), denunciando altresì le atrocità a Gaza.

Ha parlato di giustizia declinandola in termini di squilibri e disparità dentro società sempre più frammentate e conflittuali. Povertà come miseria fautrice di contrapposizioni sociali violente. Infine ha declinato la verità in termini di resistenza alle fake news: «Parole che assumono connotati ambigui e ambivalenti», «mondo virtuale con la sua mutata percezione del reale che prende il sopravvento senza controllo».

Secondo papa Leone nulla sarà possibile senza la costruzione di rapporti autentici, quindi senza la vera arte dell’incontro. Il pontificato inizia nel segno della mitezza, ma già offre alcune indicazioni precise.

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