Dopo l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia, il tema della disinformazione a opera di governi stranieri si è reso più evidente. Da anni l’Unione europea cerca di contrastare fake news e fenomeni similari e media russi sono stati sospesi a seguito della guerra.

Tuttavia, i propagandisti russi continuano a essere invitati nei talk show italiani, con buona pace della lotta alla disinformazione e alle sanzioni Ue, ma il governo non pare preoccuparsene.

Se ne preoccupa, invece, il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica). 

L’Ue contro la disinformazione

La Commissione europea definisce come disinformazione «un’informazione rivelatasi falsa o fuorviante», divulgata per «distrarre e dividere, insinuare il seme del dubbio distorcendo e falsando i fatti, al fine di disorientare i cittadini, minando la loro fiducia nelle istituzioni e nei processi politici consolidati».

Nel 2015 il Servizio europeo per l'azione esterna (Seae) ha istituito la task force East StratCom, per affrontare le campagne di disinformazione da parte della Russia. East Stratcom dispone della piattaforma EuvsDisinfo, il cui obiettivo è  «aumentare la consapevolezza e la comprensione» sulle operazioni di disinformazione del Cremlino» e aiutare i cittadini a «resistere alla manipolazione delle informazioni digitali e dei media». EuvsDisinfo elenca 13.851 casi di disinformazione circa la guerra in Ucraina.

Nel 2018 la Commissione Ue ha indicato principi e obiettivi delle azioni volte a sensibilizzare l'opinione pubblica alla disinformazione e a contrastare tale fenomeno (comunicazione COM-2018 236, “Contrastare la disinformazione online: un approccio europeo”). Dalla comunicazione è scaturito un codice di autoregolamentazione elaborato, tra gli altri, da rappresentanti delle piattaforme online, dell'industria della pubblicità e dei principali inserzionisti – adottato anche da Facebook, Google, Twitter e Microsoft - che prevede, ad esempio, la trasparenza dei messaggi pubblicitari di natura politica e il contrasto a profili falsi e “bot”.

Nel marzo 2019 è stato anche implementato un Sistema d’allerta rapido, piattaforma a disposizione di istituzioni Ue e Stati membri dove raccogliere dati sulle campagne di disinformazione online e analisi di fact-checker.

Nel 2020 il Parlamento UE ha costituito una commissione per le interferenze estere nei processi democratici nell'Unione (INGE), il cui mandato si è concluso nel marzo scorso con la raccolta di «prove complete e consolidate» su tali interferenze. A seguito dell’inizio guerra, è stata creata una nuova commissione speciale (INGE 2) per proseguire il lavoro della prima, specie in considerazione della «campagna di disinformazione» russa, «caratterizzata di una malevolenza e da una portata senza precedenti, con l'obiettivo di ingannare i suoi cittadini così come la comunità internazionale».

Infine, servirà a contrastare la disinformazione anche Digital Service Act, in forza del quale gli operatori di grandi dimensioni avranno l'obbligo di analizzare i rischi sistemici che generano e di adottare misure idonee a ridurli; la Commissione, a propria volta, vigilerà circa il rispetto degli obblighi da parte di piattaforme e motori di ricerca.

I talk show italiani

Considerata l’entità e gli impatti della disinformazione russa, il 2 marzo il Consiglio dell’Ue ha deciso, tra le sanzioni adottate a seguito dell’aggressione della Russia all’Ucraina, la «sospensione delle attività di radiodiffusione di Sputnik e Rt/Russia Today» nell’Unione, definiti da Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, come «armi nell’ecosistema del Cremlino».

Secondo la Commissione europea, la libertà di espressione implica «il diritto di ricevere informazioni obiettive sugli eventi attuali» e può essere limitata a tutela di interessi pubblici «in modo proporzionato».

La Federazione europea dei giornalisti ha definito un errore combattere la disinformazione con la censura da parte dell’UE e in Italia da più parti sono stati espressi dubbi circa la compatibilità di questo tipo di sanzioni con la libertà di espressione e informazione sancita costituzionalmente.

Tuttavia, finché ci sono le sanzioni l’Italia è vincolata alla loro applicazione. Nonostante ciò, nei talk show nazionali continuano a essere invitati giornalisti che lavorano in organi di informazione sospesi dall’Ue e propagandisti colpiti da sanzioni, e ciò può configurare un aggiramento delle sanzioni stesse. «Non è una censura delle opinioni» - ha affermato un’esponente della Commissione europea qualche settimana fa - «ma c'è una clausola di non elusione e questa clausola di non elusione si applica anche ai giornalisti. Quindi la libertà di espressione non può essere invocata da altri media per aggirare le sanzioni».

Qualche giorno fa, in un talk show è stata ospitata Tatiana Kukhareva, giornalista russa di Sputnik, uno dei media bloccati in Ue. Pochi giorni prima, in un altro talk show della stessa rete era stato invitato Dmitry Kulikov, oggetto di sanzioni da parte dell'Unione europea perché ritenuto uno dei principali propagandisti della «narrazione del Cremlino» - come riporta il testo del provvedimento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Ue – che ha «giustificato» e «sostenuto attivamente» le azioni russe contro l’Ucraina.

La televisione italiana consente comunque di continuare a divulgare in prima serata la propaganda russa, attraverso taluni personaggi invitati  nei programmi nazionali. Tuttavia, il governo non pare preoccuparsi dell’eventuale aggiramento delle sanzioni né, più in generale, dell’orientamento opposto a quello dell’Ue contro la disinformazione.

Di quest’ultima sembra preoccuparsi, invece, il Copasir, con l’audizione - tra gli altri - dell’amministratore delegato della RAI, Carlo Fuortes. Ma su quest’iniziativa sorgono perplessità. Ai sensi di legge (art. 30, l. n. 124/2007), la competenza del Comitato è quella di verificare che l’attività dei servizi segreti si svolga nel rispetto della Costituzione e in conformità alla legge, e non quella di indagare sugli inviti televisivi al fine di «preservare la libertà, l’autonomia editoriale e informativa e il pluralismo da qualsiasi forma di condizionamento», come affermato dal presidente del Copasir, Adolfo Urso.

Nonostante le rassicurazioni circa la non-ingerenza nelle attività dei media, il dubbio che ciò possa comunque avere una qualche incidenza sorge lo stesso.

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