Quando è nato Domani, nell’autunno 2020, abbiamo scelto di stamparlo su una carta un po’ più pregiata dello standard: 52 grammi, invece di 41 o 42. Pur avendo poche pagine, volevamo che il giornale e fosse gradevole al tatto e più facile da sfogliare. Inoltre, con l’ingegner Carlo De Benedetti, l’editore, ci piaceva l’idea di presentare il giornale di carta come un prodotto nobile, quasi prezioso: ormai i grandi numeri si fanno solo sul digitale, ma proprio per questo chi è ancora fedele alla carta va trattato bene.

Qualche settimana fa ci arriva la comunicazione dello stampatore: la carta da 52 grammi è finita. Non è questione di prezzo, non esiste più.

Resta una sola alternativa, passare a quella più leggera, da 42, che però nel frattempo è diventata incredibilmente costosa (l’ultima riserva di 52 grammi la conserviamo per qualche DopoDomani speciale).

Voi lettori direte: problemi vostri. Ma questa vicenda che è nata come un imprevisto di gestione è diventata anche una storia da indagare, come farà il nostro Ferdinando Cotugno in una serie di pezzi.

Effetto Amazon e Covid

La questione è la seguente: sempre meno lettori comprano la carta, la pubblicità si sposta online, ma in digitale le testate giornalistiche riescono a ottenere magri ricavi, perché il grosso del fatturato va alle piattaforme capaci di profilare il potenziale cliente dell’inserzionista (ai giornali non resta che vendere la propria reputazione con contenuti promozionali, talvolta dignitosi spesso soltanto terribili marchette, Domani ha scelto di non andare in quella direzione).

Il dibattito pubblico in Italia, però, è ancora scandito dai giornali di carta, o almeno dalle loro versioni in pdf, tra rassegne stampa, anteprime televisive, interviste dei politici e retroscena. E per questo il governo finanzia l’editoria, con alcuni aiuti orizzontali al settore (tipo l’Iva agevolata) e con altri finanziamenti diretti per 386,6 milioni assegnati con criteri assai discutibili a una manciata di testate.

Mentre noi cerchiamo di salvare la preghiera laica del giornale cartaceo del mattino, le cartiere smettono di produrre carta da giornale: perché accettare commesse per alcune tonnellate da un settore che a ogni contratto riduce i volumi se si può usare la stessa cellulosa per gli imballaggi di Amazon e degli altri corrieri?

Noi ci poniamo il problema delle rese (le copie non vendute), di quell’enorme spreco di carta che va al macero ogni sera, ma intanto migliaia e migliaia di alberi vengono immolati per consentire a qualche rider di portarci uno spazzolino da denti in un cartone formato A4. E le cartiere puntano su questa nuova frontiera del consumismo.

Il nodo energia

Dalla nostra piccola vicenda del cambio di grammatura, si capiscono anche alcune cose di macroeconomia: il costo della poca carta rimasta esplode perché aumentano i prezzi dell’energia per i settori energivori, quali sono le cartiere. Potrebbero ridurli, ma ci vorrebbero più inceneritori per bruciare gli scarti e produrre energia così, ma si apre un’altra questione sulle emissioni… Oppure bisognerebbe sussidiare le imprese che consumano molto, ma è il modo giusto di usare la fiscalità generale?

 Aumenti del 50 per cento o anche di più della materia prima, in questo caso la carta, mettono a rischio la sopravvivenza di qualunque settore: oggi tocca a noi, domani chissà. Ma se questa è la causa degli aumenti di prezzo, come fanno tanti economisti a sostenere che l’attuale inflazione è soltanto temporanea?

Almeno per ora noi eviteremo di alzare il prezzo della singola copia, però questa è la pressione che si riversa su tutto il settore (e sappiamo che i prezzi dei prodotti al consumo, quando aumentano difficilmente poi si riducono).

Insomma, quando sentirete tra le mani una copia di Domani più sottile e vi chiederete cos’è successo, sappiate che quello che stringete tra le mani è la sintesi dei grandi cambiamenti nell’economia mondiale post-Covid. Le mutazioni del capitalismo in dieci grammi di carta mancanti.

Il nostro unico modo di affrontare questi cambiamenti è scommettere sempre sui lettori, perché finché siamo dipendenti solo da loro possiamo garantire un’informazione libera da condizionamenti e di qualità. Se volete aiutarci ad affrontare questo problema, potete abbonarvi qui, all’edizione digitale o a quella cartacea. 

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