Mario Draghi alla presidenza della Repubblica? Qualsiasi scenario deve prendere le mosse dalla premessa che la decisione sta nelle sue mani e nella sua mente almeno al 75 per cento. Premuto da più parti, inevitabilmente Draghi starà soppesando il pro e il contro di una sua eventuale, al momento probabile, elezione.

Immagino che contino nella sua valutazione considerazioni personali, politici e istituzionali. La più alta carica dello Stato è un premio e un riconoscimento alla carriera che nessuno può rifiutare. Certo conta l’ambizione personale, che Draghi ha regolarmente saputo mantenere sotto controllo, ma conta anche il pensiero di quali compiti potrà ancora svolgere dal Quirinale.

Le considerazioni politiche discendono soprattutto da quanto Draghi riterrà che sia già stato fatto in materia di implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza. Se le riforme necessarie e gli interventi di contorno saranno già ampiamente lanciati e messi in sicurezza, allora Draghi potrà anche pensare che lasciare al suo successore la prosecuzione di un lavoro importante non comporterà rischi.

Se, invece, non solo lo stato di attuazione non sarà sufficientemente avanzato, ma all’orizzonte vicino si vedessero nuvole, allora Draghi dovrà riflettere. La sua ascesa al Colle significa nell’immediato che bisognerà trovare un nuovo presidente del Consiglio per un governo dei migliori privato del migliore di loro.

Quel presidente potrebbe, ma non sarà affatto un’operazione liscia e indolore, scaturire dalla maggioranza esistente, dunque, essere gradito tanto al Movimento Cinque stelle e al Partito democratico quanto a Salvini e Berlusconi. Non c’è dubbio, però, che la ricerca di un successore all’altezza non sarà affatto gradita a Giorgia Meloni.

La sua richiesta di elezioni subito metterà in imbarazzo Salvini che forse non potrà permettersi di continuare nel sostegno a un governo senza Draghi e con chi sa quale altro presidente del Consiglio. Certamente, Draghi e i suoi collaboratori, ma anche Mattarella, avranno esplorato quali nomi sarebbero disponibili e graditi in special modo al centro-destra.

Per Draghi sarà cruciale che il suo successore a Palazzo Chigi sia una persona che abbia dato mostra di condividere le scelte finora fatte, dotata di capacità di governo e certamente europeista.

Soltanto un previo accordo con Salvini e Berlusconi potrebbe offrirgli garanzie in questa essenziale direzione. Con un uomo o donna in grado di proseguire la sua opera a palazzo Chigi, Draghi sarebbe nella posizione di offrire sostegno, consigli e orientamenti dal Quirinale.

Quanto alle considerazioni istituzionali, è vero che i politici in attività per di più in cariche operative, come la presidenza del Consiglio, sono regolarmente stati esclusi dalla corsa al Quirinale, ma Draghi non è un politico di professione e ha accuratamente evitato di politicizzare nel senso negativo le sue scelte e decisioni.

Semmai, la considerazione istituzionale che più dovrebbe contare per tutti: dirigenti di partito, parlamentari, commentatori e, ovviamente, gli stessi Draghi e Mattarella, è nel non ripetere quanto successo con Giorgio Napolitano: nessuna rielezione di Mattarella per fare fronte, temporaneamente, a un’emergenza. Il presidente in carica è stato esplicito.

Questo pone Draghi di fronte alla scelta secca: sua elezione nel gennaio 2022 oppure attesa fino al 2029. La decisione è difficilissima. Inevitabilmente e giustamente, Draghi non si esprime, ma non è vero che “attenda gli eventi”. Cerca, invece, di orientare gli eventi per saperne di più. Buona fortuna a lui (e a noi).

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