Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, per spiegare le incognite dell’uscita dalla pandemia, ieri ha impreziosito le sue Considerazioni finali con una dotta citazione di Alessandro Manzoni: «Spegnere il lume è un mezzo opportunissimo per non veder la cosa che non piace, ma non per veder quella che si desidera». Ebbene c’è un lume che nessuno ha spento solo perché nessuno lo ha mai acceso. Ed è quello che ci impedisce di vedere un problema drammatico della crisi economica, quello dei cosiddetti “crediti deteriorati”. Se molte aziende non pagano le rate del finanziamento alle banche, queste soffrono e perdono la capacità di sostenere le imprese. Alla fine del 2015 i crediti deteriorati in pancia alle banche (accumulati negli anni della grande crisi iniziata nel 2008) avevano raggiunto i 350 miliardi circa. Da allora ne sono stati ceduti 190 miliardi ma tutti si aspettano che le difficoltà legate al Covid generino quest’anno 40 miliardi di nuovi crediti difficili. La moratoria sui rimborsi alle banche, decisa dal governo Conte e prorogata dal governo Draghi fino al 31 dicembre, dà respiro alle imprese ma, nota il governatore, consente di non vedere quanti di quei crediti sospesi sono già potenziali buchi nei conti delle banche. Visco dice che deve contemperare «l’esigenza di assicurare che le banche continuino a fornire il necessario sostegno all’economia con quella di presidiare adeguatamente i rischi».

Dove nessuno ha mai acceso la luce è sul mondo dei crediti deteriorati usciti dai bilanci degli istituti di credito. Le banche si liberano delle sofferenze cedendo i crediti a sconto e segnando una perdita che però sarà in parte compensata da agevolazioni fiscali, per cui parte del disastro lo pagano i contribuenti. Solo che la Banca d’Italia non si occupa di quello che succede fuori delle banche che vigila. I 190 miliardi ceduti non sono stati inceneriti. Ci sono i grandi fondi specializzati che hanno comprato 190 miliardi di crediti verso famiglie e imprese italiane alle quali danno la caccia per farsene restituire quanti più possibile. Insomma, i 190 miliardi usciti dai bilanci delle banche restano diffusi come una metastasi nell’economia. Quasi tutte le società di recupero crediti sono a capitale straniero e la loro attività equivale a un drenaggio di ricchezza destinata a uscire dall’Italia. La questione è complessa e non si tratta di decidere qui come gestirla. Ma preoccupa doversi rendere conto che del fenomeno del recupero crediti (centinaia di miliardi, decine di migliaia di specialisti che danno la caccia a centinaia di migliaia di aziende e famiglie) nessuno si occupa, nessuno monitora, nessuno sa quanti di questi debiti vengono pagati e dove finiscono questi soldi. Sarebbe saggio, manzonianamente, accendere una luce. Con tutta probabilità questo drenaggio sta indebolendo l’economia italiana nel suo insieme e rischia di essere pericoloso per la stessa stabilità che Bankitalia deve garantire.

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