Di fronte a tendenze di lungo periodo che implicano grandi cambiamenti, l’atteggiamento nostro può essere di due tipi: cercare di adattarsi e/o contrastare le tendenze. Come comportarsi? La crisi ambientale e quella demografica vengono entrambe a modificare il nostro habitat e i nostri comportamenti: esse presuppongono sia una strategia di contrasto che una di adeguamento.

Il cambiamento climatico va contrastato decisamente attraverso l’abbandono dei combustibili fossili e tutti i paesi (o quasi) si stanno sforzando di effettuare la transizione energetica sostituendo i combustibili fossili con fonti di energia rinnovabile.

Bene, ma questo processo metterà tempo a realizzare risultati effettivi e intanto il riscaldamento del pianeta si sta producendo pur se speriamo di saperlo contenere. Quindi è certo che avremo comunque una modifica irreversibile almeno per un lungo periodo. Dobbiamo avviare rapidamente una strategia di adattamento anche nel nostro paese.

Avremo un problema di disponibilità di acqua che va affrontato con tecnologie volte alla conservazione dell’acqua (molta va dispersa) e alla desalinizzazione. Ci sarà un sollevamento del livello dei mari e quindi sarà necessario provvedere a difendere le coste ed eventualmente a spostare insediamenti di popolazioni, come si sta progettando di fare in alcune città marine.

L’assetto del territorio dovrà essere monitorato e bisognerà mettere in sicurezza molte località in previsione di perturbazioni atmosferiche di portata inusitata, come sta già parzialmente avvenendo nell’area del Mediterraneo. Dovremo modificare le politiche agricole, in gran parte definite a livello europeo, per tener conto dei cambiamenti nelle stagioni e delle modifiche climatiche che incidono sui raccolti.

Queste e molte altre iniziative saranno necessarie per adattarsi ai cambiamenti. La tensione a contrastare il cambiamento climatico non dovrà venire meno, ma tale contrasto non basterà, perché intanto dobbiamo vivere con questo cambiamento e prima ce ne renderemo conto, meglio sarà.

Analogo è il discorso relativo alla crisi demografica che sta facendo molto rumore sui media ma che sta producendo poche politiche e pochi cambiamenti di comportamenti. Il calo della popolazione riguarda tutti i paesi avanzati ed ormai anche alcuni paesi emergenti come la Cina.

Solo l’Africa ha un tasso di crescita della popolazione ancora elevato, seppure ci siano rallentamenti vistosi anche in quel continente. Secondo le previsioni demografiche, la popolazione mondiale toccherà e supererà i 10 miliardi di persone nei prossimi decenni (oggi siamo sopra gli 8 miliardi) per poi fermare la sua crescita ed iniziare a calare.

A livello mondiale, un freno alla crescita della popolazione rappresenta un contributo importante alla lotta al cambiamento climatico, visto che, in estrema sintesi, l’inquinamento del pianeta va di pari passo con la crescita della popolazione mondiale. Poiché i diversi paesi si trovano in situazioni demografiche diverse, appare normale che alcuni di essi, che hanno conosciuto una sostanziale crescita negli anni passati, abbiamo una riduzione della popolazione mentre altri si trovano ancora nella fase ascendente.

Cosa fare

L’Italia si trova nel gruppo dei primi ed ha un calo demografico importante, così come aveva avuto un aumento rilevante di popolazione dal dopoguerra in poi. Per noi (e per gli altri paesi nelle nostre condizioni) contrastare il calo demografico non significa fare politiche per avere più figli, ma fare politiche che eliminino i condizionamenti, morali ed economici, che possono influenzare le decisioni delle donne se avere o meno dei figli.

Tali politiche possono forse rallentare la decrescita demografica ma ben difficilmente possono invertirla, posto che tutto il mondo avanzato conosce un calo di popolazione. Occorrerà, quindi, adattarsi a questa riduzione per far progredire comunque il nostro paese, alfine di assicurare un miglior benessere. Un calo demografico comporta, in prospettiva, una riduzione della forza lavoro e un invecchiamento della popolazione.

Per ovviare a queste tendenze, occorre puntare sulla regolarizzazione dei flussi di immigrati presenti e in arrivo nel nostro paese e su un maggior impiego di giovani, di anziani e delle donne nell’economia, visto che il loro tasso di occupazione è molto basso.

E questo si può fare con maggiore istruzione, un miglior sistema di avviamento al lavoro e con un adattamento dell’età pensionistica alla aumentata vita media delle persone. Quanto alle preoccupazioni che una società di anziani sia meno produttiva e meno dinamica, credo che dovremo ricrederci, perché le nuove tecnologie che si stanno rendendo disponibili possono aumentare notevolmente la produttività delle persone e in particolare delle donne e degli anziani.

Anche il tasso di creatività e di intraprendenza sarà influenzato dalle nuove tecnologie, come l’Intelligenza Artificiale che permetterà a persone di tutte le età di essere propositivi e sperimentatori, come non era possibile prima.

I cambiamenti che si prospettano vanno dunque in parte contrastati ma in parte non trascurabile anche assecondati con un adattamento il più fluido possibile alle nuove condizioni che vanno emergendo, ricordando sempre l’insegnamento della storia: non sono i più forti quelli che riescono a sopravvivere ai cambiamenti, ma quelli che si sapranno meglio adattare alle condizioni prevalenti.

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