Questo governo di unità nazionale si differenzia dagli altri (Ciampi, Dini, Monti) per un dato fondamentale: attua politiche espansive. La manovra finanziaria è in deficit e farà crescere il debito (circa 23 miliardi solo nel 2021). y

Come esemplifica meglio di tutti la vicenda del taglio dell’Irpef, Draghi sta mettendo soldi nelle tasche degli italiani. Questo è possibile perché siamo in un contesto internazionale per noi  eccezionalmente favorevole, già dall’epoca del Conte II: l’aiuto dell’Europa consente di mantenere tassi di interesse bassi e aggiunge ai miliardi nazionali quelli, ancora più consistenti, del Next Generation Eu.

Su queste premesse si è innescata una buona ripresa economica che oltretutto, per la prima volta, non ci vede più fanalino di coda dell’Unione europea.

Il declino dell’Italia, proseguito ininterrotto per tutta la Seconda repubblica, si è finalmente arrestato?

La crisi del Covid è stato quello shock sistemico, pur drammatico, che può consentire di incanalare la nostra economia su una strada nuova, diversa dal passato?

Perché ciò avvenga, occorre innanzitutto che questo contesto favorevole regga. A preoccupare è l’inflazione, che quest’anno si prevede intorno al 5 per cento per l’Eurozona, e in Italia viaggia ormai fra il 3 e il 4 per cento, e forse non sarà solo una fiammata. Chiariamo: se i tassi di interesse rimangono bassi, un po’ di inflazione può addirittura favorire la nostra economia, intanto perché spinge chi detiene ricchezza improduttiva a investirla, poi perché contribuisce a ridurre il valore del debito rispetto al Pil.

Il problema è quando aumentano i tassi, proprio per contenere l’inflazione. A quel punto, aumenteranno anche gli interessi sul debito e l’Italia potrebbe trovarsi in una situazione molto incerta, critica, con il rischio perfino di attacchi speculativi come quelli del 1992.

Di certo, se l’obiettivo esclusivo della Bce rimane quello di contenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento, l’anno prossimo i tassi di interesse non potranno che aumentare, per tutti i paesi.

In aggiunta, il ritorno delle regole europee sull’austerità potrebbe far salire lo spread, cioè i tassi dell’Italia, perché alimenterebbe l’incertezza sulla nostra tenuta.

Diventa quindi decisivo capire come sarà la riforma dell’eurozona. O meglio: quello che possiamo fare noi, in Italia, affinché vi sia un’evoluzione favorevole in Europa.

Alla base del dibattito politico dovrebbe esserci questa consapevolezza: se c’è fiducia nei nostri confronti (noi che siamo il maggior problema per i «falchi»), fiducia nel medio periodo e non solo nel breve, anche cambiare le regole europee diventa più facile. Ad esempio, il dibattito sull’elezione del presidente della repubblica dovrebbe partire proprio da qui: per il bene del Paese, occorre eleggere la personalità più autorevole possibile, che dia le migliori garanzie sulla serietà e sulla tenuta europeista dell’Italia anche nei prossimi sette anni, anche dopo le elezioni politiche.

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