La storia non si ripete, ma le spirali che la disegnano mostrano similitudini che accendono l’immaginazione riflessiva. L’Europa nella bufera. La fine della Seconda internazionale con i partiti socialisti e socialdemocratici che, alla vigilia della Prima guerra mondiale, si schierarono ciascuno con la propria nazione (unica eccezione il partito di Filippo Turati) ci ricorda quanto stretto sia il crinale che separa la democrazia dall’autoritarismo, e come esso passi dalla retorica dell’identità tra gli interessi delle classi popolari e quelli nazionalisti.

Enrico Berlinguer, l’ideatore dell’idea di eurocomunismo, aveva davanti a sé quel passato europeo e le tragedie del suo tempo, stretto tra la contestazione del modello sovietico iniziata con l’invasione di Praga del 1968, il colpo di stato in Cile con regia statunitense e il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro nella primavera del 1978.

L’idea di eurocomunismo nasceva dalla convinzione che nessun progetto di difesa della democrazia poteva sussistere senza una strategia sovrannazionale. L’Europa diventava una condizione necessaria per la solidarietà dentro e tra le democrazie, sia rispetto allo statalismo sovietico sia rispetto al neoliberismo atlantico.

Berlinguer comprese con grande acume le potenzialità del suo tempo e con quella proposta cercò di giocare di anticipo rispetto al nuovo corso neoliberista mentre si distanziava fortemente da Mosca, che l’ostacolò duramente. Fallito quel progetto, furono i fatti a confermarne la lungimiranza.

Tre fasi della lotta

Luciano Barca scrisse che nel 1977 Berlinguer portava «per la prima volta all’esterno una tesi di cui siamo andati discutendo negli ultimi tempi, ma che, per eccessiva prudenza, è sempre rimasta fuori dai documenti ufficiali».

La tesi su cui si reggeva l’eurocomunismo era l’articolazione delle tre fasi della lotta per il socialismo democratico: la fase a leadership socialdemocratica entrata in crisi con la Prima guerra mondiale, fu un fallimento della pace; la fase a leadership bolscevica, fu un fallimento della libertà democratica; la terza fase «nella quale tocca all’Europa occidentale “colmare un divario storico e un ritardo che hanno pesato e pesano sul complessivo sviluppo del socialismo nel mondo”».

Come una meteora

Nell’idea della «europeizzazione dell’agenda politica» si legge il valore della progettualità politica, il coraggio di pensare in termini di futuro: allentare la camicia di forza della Guerra fredda imposta da Washington e da Mosca. Berlinguer seppe cogliere le potenzialità del suo tempo e porsi i problemi politici del futuro.

Insieme ad Altiero Spinelli delineò un internazionalismo democratico, come alleanza tra tutte le forze progressiste per dare all’Europa un ruolo chiave rispetto alle due superpotenze. L’eurocomunismo fu come una meteora. L’Europa non riuscí a completare l’unione politica. Ma la lettura di Berlinguer e Spinelli era una premonizione che parla a noi oggi con un forza inedita.

Di fronte alla virata neoliberale degli anni ‘80, la sinistra è restata o immobile e afona; e, o si è arresa al vangelo neoliberale o è stata attratta dalle sirene del sovranismo, come succede anche oggi. La sinistra neoliberista è defunta insieme alle dure politiche di deregolamentazione del lavoro. Circa il sovranismo, oggi sembra attirare una parte della sinistra europea, come si vede dall’incapacità del gruppo socialista di elaborare progetti alternativi al movimento anti-immigrazione che la destra è riuscita ad imporre all’agenda europea e alle agende nazionali.

Dall’altra parte sta l’appello alla pace di un’opinione che sembra rifugiarsi nel “non vogliamo, non possiamo”. Un non expedit che rifiuta di accettare il progetto di un’Europa politica autonoma, anche nella capacità di difendersi. Poiché non siamo nell’èra della fratellanza tra i popoli, ma in quella della dominazione dei potenti, la risposta democratica ai paesi imperialisti e alla sfida oligopolistica globale può venire solo da una più perfetta Unione europea. Non per caso l’Europa è oggi oggetto di ostilità a ovest come a est, a Washington come a Mosca. Come con l’eurocomunismo. Questa persistenza contro l’Europa politica basta da sola a indicarci la strada.

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