Caro Fiorello,
non faccio eccezione, un po’ come tutti, sono un suo ammiratore. Mi gusto ogni mattina il suo spassoso Viva Rai 2. Inaugurare la giornata con un sorriso, in questi tempi cupi funestati dalla tragedia delle guerre, fa bene alla salute, ci aiuta a ringraziare Dio per ogni nuovo giorno che ci concede e comunque ad apprezzare la vita come un dono prezioso. Un dono e una responsabilità. Appunto una responsabilità.

Con la sua amabile leggerezza, le riesce di sorridere, esorcizzandola, della bufera che ha investito la Rai, da ultimo con la censura dello scrittore Antonio Scurati. Solo l’epilogo e il suggello di una occupazione militare del servizio pubblico tv da parte di una destra… maldestra e incontinente. L’apoteosi di un servilismo che sconfina nella dabbenaggine di mediocri dirigenti Rai che non sono piovuti dal cielo, ma che sono stati messi lì dai loro padrini politici. Si può ridere e scherzare e lei lo sa fare da par suo.

Mi consenta solo di notare che la materia non si presta solo al riso ma anche al pianto. O comunque di un riso amaro. Trattandosi della condizione avvilente di un’azienda che dovrebbe elevare il tenore culturale e civile del nostro paese e che dovrebbe appartenere, dando loro voce, a tutti gli italiani. Ed iscrivendosi, essa, nel quadro di un clima che desta motivata preoccupazione per la qualità della nostra democrazia, della quale la libertà di manifestazione del pensiero è il primo e più essenziale ingrediente.

Come attesta la nostra Costituzione, nel solco di quella Usa di oltre due secoli fa, con il suo primo emendamento, che rappresenta l’incunabolo del costituzionalismo democratico. Una Costituzione, la nostra, che affonda le radici nella liberazione da un regime che celebriamo il 25 aprile e che, quest’anno, si accompagna al centenario dalla uccisione di Giacomo Matteotti. Di questo si occupava il monologo censurato di Scurati.

L’apprezzamento che nutro per un artista brillante come lei, che, proprio grazie al suo talento, si può permettere di esprimersi con sovrana libertà, mi fa sognare (ai sogni non si comanda) che, da lei – non so come, ma so che il suo genio glielo saprà suggerire – possano sortire un gesto o una parola utili a rimarcare che ridere non basta. Anche e soprattutto agli artisti, come agli uomini di cultura, dovrebbe stare a cuore il bene supremo della libertà. Con la responsabilità di testimoniarlo a beneficio di tutti i cittadini indisponibili ad acconciarsi a sudditi. Lei sa meglio di me che, sin dal medioevo, vi è una tradizione nobile e alta di giullari che, assai più di seriosi chierici, hanno saputo testimoniare efficacemente il valore della libertà a fronte dell’ottusità e della prepotenza dei sovrani.

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