C’è tanta panna montata e tanta finzione nella crociata della regione siciliana contro i boss di plastica e di terracotta. È una guerra facile, che non porta disturbo a nessuno, è innocua. Il governo voluto da condannati per reati di mafia fa la sua “impavida” campagna contro la mafia (quella dei gadget e dei gingilli), un gioco di prestigio per darsi un tono e mettersi la solita maschera.

Prima di ogni osservazione e per evitare sgradevoli fraintendimenti, anticipo subito che sulla mia scrivania ho quattro penne, due gomme e un lampostil con stampata l’immagine di Marlon Brando nei panni de Il Padrino. Un fermacarte e due tazze, di cui una con manico simile al calcio di una pistola, con lo stesso disegno sono sugli scaffali della mia libreria.

Una calamita è sul frigorifero, in cucina ci sono anche un tagliere, tre accendini e un apribottiglia con il profilo di The Goodfather, in una cassettiera ho due t-shirt con l’effigie del solito capomafia di celluloide e in angolo dello studio due statuette di pietra che raffigurano un “mafiusu” e una “mafiusa”, il primo con tanto di coppola in testa e la seconda con addosso un tradizionale abito delle zone interne. Paccottiglia da collezione.

La denuncia in un video

Confessato il "favoreggiamento” veniamo ai fatti. Qualche giorno fa, il musicista siciliano Mario Incudine ha denunciato con un video i pupazzi dedicati a mafia e mafiosi presenti in una vetrina dei traghetti della Caronte che attraversano lo Stretto di Messina.

Scalpore, scandalo, vergogna, il caso è divampato e la società che gestisce il trasporto fra le due sponde ha ordinato la rimozione a bordo degli oggetti incriminati.

Subito dopo l’assessore regionale alla mobilità Alessandro Aricò di Fratelli d’Italia ha mostrato tutta la sua antimafiosità: «Mai più gadget che possano ledere l’immagine della Sicilia». L’assessore ha fatto sapere anche che è allo studio del governo Schifani un provvedimento «che vieti la vendita a bordo delle navi di qualsivoglia prodotto che possa mortificare il riscatto della Sicilia rispetto a stereotipi che fanno ormai parte del suo passato e che i siciliani fortemente rigettano». Ve l’avevamo detto: una guerra facile facile.
Non costa nulla prendersela contro "gli stereotipi che fanno ormai parte del passato”, Marlon Brando/don Vito Corleone non protesterà e non si arrabbierà mai, accetterà rassegnato il suo destino. Ma l’assessore Aricò e magari lo stesso presidente Renato Schifani come si sarebbero comportati se su tazze e taglieri ci fossero state le facce di Marcello Dell’Utri o di Totò Cuffaro, personaggi veri, in carne ed ossa e non cinematografici, che hanno avuto guai con la giustizia per reati di mafia (veri anch’essi) e che hanno fortemente sostenuto Schifani governatore della Sicilia?

Il caso Palermo

Dai traghetti la battaglia contro “i gadget al 416 bis” si è spostata, come era prevedibile, sulla terraferma e ha investito Palermo dove corso Vittorio Emanuele è diventato regno del Padrino in tutte le salse. Ancora proteste, barricate, sdegno. C’è molta superficialità e molta ipocrisia intorno alla vicenda.

Solo chi non conosce Palermo nelle sue profondità può scambiare come inno alla mafia la compravendita di oggetti che richiamano a boss e a picciotti. Fino a quando quella mafia era padrona della città nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di "commercializzarla”, quando la paura è finita è stato possibile – di fatto ridicolizzandola – venderla pure ai ai turisti. Ma retorica e propaganda non aiutano mai a vedere le cose.

Il coro

E ha ragione Giuseppe Mazza, siciliano di Sciacca, uno dei copywriter più famosi d’Italia, a dire a Repubblica: «In questa invettiva contro i souvenir vedo del bullismo culturale, un prendersela con i soggetti più deboli di una catena ben più ampia».
Tutti che cantano nel coro. A informare, “indignato e sgomento”, l’assessore Aricò era stato il vicepresidente della commissione antimafia regionale Ismaele Lavardera, ex Iene, oggi deputato siciliano eletto nelle liste di Sud chiama Nord di quel Masaniello che è Cateno De Luca. Dopo la sparizione dei gadget dai traghetti, l’ex iena ha parlato di «una vittoria dei siciliani onesti». Squilli di tromba e rulli di tamburo.

Un briciolo di onestà (ma solo per il momento) è rimasta evidentemente anche a me. Mi sono accorto che tra i miei souvenir cattivi non ho ancora il grembiule da cucina in perfetto stile boss. Provvederò subito. Domani farò un ordine al mio spacciatore palermitano di gadget di corso Vittorio Emanuele.

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