Chi negli scorsi mesi paventava un rialzo dello spread, con conseguente crisi politica della maggioranza, a causa delle politiche economiche del governo si sbagliava. Il divario tra titoli di stato italiani e tedeschi oggi si aggira intorno ai 170 punti e sui mercati internazionali non c’è un rischio rilevante per l’Italia.

Un segnale di tranquillità arriva anche dalle agenzie di rating, il cui giudizio sul debito pubblico italiano e le sue prospettive restano stabili. La catastrofe finanziaria predetta, e forse auspicata per ragioni politiche, da alcuni analisti non c’è. Ciò non significa che sia tutto rosa e fiori per il rapporto tra stato e mercato.

Il debito resta elevato e costoso, l’industria è di fatto in recessione, il Pnrr sconta difficoltà di attuazione, la politica industriale è debole e dispersiva, il deficit andrà ridotto progressivamente dopo anni di politiche espansive. Su questi temi, i prossimi giorni presentano una serie di appuntamenti che ci daranno una lettura dello stato di salute del governo italiano.

Il nodo del Mes

Il 22 novembre dovrebbe iniziare la discussione parlamentare sulla ratifica del Mes, il condizionale è d’obbligo perché i lavori parlamentari daranno quasi sicuramente la priorità ad altri decreti facendo guadagnare tempo alla maggioranza che comunque dovrà finalizzare la ratifica tra dicembre e gennaio.

In parlamento, considerando le posizioni da sempre favorevoli di Pd, centristi e Forza Italia una maggioranza per la ratifica dovrebbe esistere anche qualora la Lega, da sempre contraria, si dovesse astenere. Ago della bilancia sarà il partito della premier, Fratelli d’Italia, che risponde agli input di Palazzo Chigi.

L’approvazione del trattato non comporta nulla nell’immediato, ma istituisce un complesso meccanismo di garanzie finanziarie e commissariamento politico nel caso in cui il paese venisse travolto da un grave dissesto economico. È un tema che da sempre vede i partiti di destra contrari a causa della cessione di sovranità alle istituzioni europee che l’attuazione del Mes comporterebbe.

Lo scambio

Giorgia Meloni è dunque ad uno dei bivi della sua carriera politica: cambiare idea ora che è al governo e incardinarsi nell’ordine europeo oppure restare fedele alle vecchie battaglie di opposizione? Se troverà il modo di approvare il Mes, la presidente del Consiglio guadagnerà ulteriore credibilità in Europa e sui mercati.

In questo scenario, per rendere più digeribile il Mes alla propria maggioranza, Meloni ha fatto capire di voler tenere insieme ratifica del trattato e nuovo patto di stabilità. Il 23 novembre ci sarà una importante riunione dell’Ecofin per quanto concerne il secondo.

In una logica negoziale, il governo è alla ricerca di un do ut des: recepire il Mes per spuntare condizioni migliori sulle regole di finanza pubblica. Chiudere bene sul patto di stabilità è fondamentale per l’Italia proprio perché con regole troppo stringenti sul debito c’è il rischio di un ritorno all’austerità già dal 2025.

Se così fosse, le probabilità di un suicidio politico per la maggioranza che governerà nei prossimi anni crescerebbero molto.

Puntare alla flessibilità

Sempre questa settimana, inoltre, è attesa la valutazione della legge di Bilancio da parte della Commissione europea. La manovra italiana dovrebbe ricevere il semaforo verde da Bruxelles, seppur con qualche rilievo e richiesta di aggiustamento.

Un via libera positivo è importante per il governo proprio per lavorare sul binomio Mes-patto di stabilità senza troppi nervosismi. È probabile che la Commissione non si mostrerà troppo rigida dato che le elezioni europee sono prossime e il governo italiano non ha troppo forzato la mano sui numeri.

Una finestra negoziale resta aperta sul patto di stabilità per ragioni geopolitiche. La somma di pandemia e guerre nel giro di tre anni ha spinto tutti i governi a spendere molto di più, Germania in primis. Tutti sanno che questo ciclo interventista potrebbe non essere finito poiché le incognite globali sono molte, dal controllo delle materie prime alle guerre fino alla possibile rielezione di Donald Trump.

Anche agli altri paesi europei converrebbe lasciarsi una maggiore flessibilità nelle regole finanziarie poiché i governi potrebbero dover continuare a spendere di più a livello di investimenti rispetto al decennio precedente. Se così sarà, Meloni porterà a casa un buon risultato e a quel punto la maggioranza sarà più incline ad ingoiare l’amaro calice del Mes. In caso contrario, nel prossimo futuro la navigazione finanziaria del governo è destinata a complicarsi.

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