Il governo italiano è perfettamente in linea con Donald Trump. Così come il tycoon americano sta picconando l’ordine costituzionale americano, con più accortezza e meno proclami, Giorgia Meloni & co. smantellano parti importanti del nostro ordinamento.

Dalla riforma della giustizia all’autonomia differenziata, su cui per fortuna si è abbattuta la scure della Corte costituzionale, dal premierato al decreto cosiddetto Sicurezza, il vulnus più grave di tutti. Con queste ultime norme, liberticide, il governo si allinea, in coerenza con il suo sentimento più profondo, con il codice fascista del guardasigilli Alfredo Rocco.

Le norme elettorali

Ora la maggioranza investe un altro terreno, quello delle norme elettorali, muovendosi su due fronti. Benché la destra conti su un consenso minoritario nel paese vuole cambiare da sola le regole del gioco.

In questo rivela una coazione a ripetere, da quando, alla vigilia delle elezioni del 2006, introdusse il famigerato Porcellum, che prevedeva il premio di maggioranza. Fu una mossa studiata per impedire una sonora vittoria al centro-sinistra. Il doppio affondo del governo di questi giorni riguarda, da un lato, la legge elettorale per Camera e Senato e, dall’altro, l’elezione dei sindaci. In realtà le due questioni non si collocano sullo stesso piano.

Il Rosatellum

Il cosiddetto Rosatellum con cui si è votato nel 2022 è una pessima legge e ben venga una radicale riforma. Anzi, ancor meglio una sua eliminazione tout court per elaborane una nuova. Il tempo non manca.

Però il modo non può offendere ancora, operando a colpi di maggioranza. Deve valere il principio che la legge elettorale risponda a obiettivi di carattere generale, non a interessi di parte. Ed eviti confusioni riconducendo la scelta, fondamentalmente, a due obiettivi. O garantire una fedele, corretta, rappresentanza di tutte le diversità esistenti nella società e quindi adottare un sistema proporzionale, eventualmente con qualche correzione, come la clausola di sbarramento alla tedesca; oppure garantire la governabilità e quindi introdurre un sistema maggioritario con collegi uninominali per cui gli elettori sanno chi li andrà a rappresentare.

In quest’ultimo caso, meglio ancora adottare la versione francese del doppio turno (come quella con la quale votiamo a livello comunale) per cui l’eletto alla fine riceve un consenso molto ampio; in tal modo si rafforza la sua legittimità così come la sua rispondenza nei confronti degli eletti: i cittadini di quel collegio sanno chi è il loro referente in parlamento e quindi a chi chiedere conto.

I ballottaggi

Per ora non c’è nulla di definito e ci sarebbe spazio per un dialogo tra le parti. La frasetta fatta cadere da Meloni nel question time al Senato dell’altro giorno sulla reintroduzione delle preferenze apre uno spiraglio.

Ma ha lasciato l’impressione che puntasse a qualche pasticcetto per ridurre il rischio di una sconfitta al prossimo appuntamento. Niente a che vedere con una riflessione di ampio respiro per un riordino della materia, e, men che meno, condiviso. Piuttosto siamo a un ritorno allo “stile Porcellum” di Roberto Calderoli.

Mentre su questo tema siamo ancora in alto mare, l’altro intervento a gamba tesa del governo, addirittura concepito inizialmente con un disegno di legge, riguarda la riduzione della percentuale di consensi per eleggere un sindaco.

Secondo il progetto governativo basterebbe ottenere il 40 per cento per essere eletti, senza passare dal ballottaggio. Un provvedimento senza senso – perché 40 e non 42,2 o 37,6 per cento – che riflette solo l’ostilità di lunga data della destra al ballottaggio perché nel caso di uno scontro diretto emergerebbe il suo status minoritario: quando tutte le opposizioni si coalizzano, vincono.

Il metodo e le proposte della maggioranza sono entrambe irricevibili. Il governo non ha alcuna intenzione di arrivare a una intesa per una nuova, buona norma elettorale e, soprattutto, vuole smantellare la logica maggioritaria, del 50+1 per cento per l’elezione dei sindaci. Un doppio sfregio sia alle buone pratiche sia alle logiche di rappresentanza.

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