Nel gennaio 1943, alla conferenza di Casablanca, Churchill e Roosevelt dichiararono che avrebbero accettato dai nazisti solo una resa senza condizioni. Involontariamente, fornirono un’arma propagandistica a Hitler: il quale poté che i nemici volevano la distruzione totale della Germania.

Il dittatore riuscirà a prolungare un conflitto catastrofico, già perduto, per altri 27 mesi, rimanendo al potere fino all’ultimo, e provocando ancora milioni di morti. E alla fine la Germania verrà distrutta per davvero.

Oggi la situazione è diversa, innanzitutto, perché la Russia ha quell’arma definitiva che i nazisti non riuscirono mai a ottenere: l’arsenale atomico. Difficile pensare di poter imporre a Vladimir Putin una resa senza condizioni.

L’Occidente, però, può puntare a rovesciare il suo regime dall’interno. E a dirla tutta dovrebbe puntare anche a rendere la guerra in Ucraina meno lunga e meno dolorosa possibile.

Sembrano due obiettivi all’apparenza inconciliabili: per molti la speranza di rovesciare Putin è legata proprio all’acuirsi e all’incancrenirsi del conflitto.

C’è però una mossa che l’Occidente può fare e che, ragionevolmente, potrebbe sia salvare le vite degli ucraini, sia agevolare la crisi del regime di Putin. Ed è offrire alla Russia, alla sua società e alla sua classe dirigente, una via d’uscita: una soluzione che segni la sostanziale sconfitta del disegno geopolitico di Putin (incorporare l’Ucraina nello spazio geopolitico russo), ma che al contempo salvi l’immagine della Russia e il suo ruolo internazionale.

Ma attenzione: questa soluzione deve essere resa esplicita. Così da portare tutti, nel regime di Putin e nell’opinione pubblica russa, a schierarsi.

I punti cardine sono quattro: no all’adesione dell’Ucraina nella Nato, ma sì, in prospettiva, al suo ingresso nell’Unione europea; riconoscimento alla Russia dell’annessione della Crimea (già russa, ormai, da 8 anni); un accordo sulle repubbliche separatiste del Donbass (un referendum?), che tutti dovranno rispettare; la Russia dovrà pagare i danni di guerra, condizione cui legare l’eliminazione delle sanzioni. Come garanti di questo compromesso devono esserci, oltre che l’Europa e gli Stati Uniti, la Cina.

Questa soluzione segnerebbe comunque la sconfitta storica, decisiva, del disegno di Putin: l’Ucraina si avvierà definitivamente nell’area europea, e questo proprio per via dell’aggressione subita.

Se anche Putin rimanesse al potere, è chiaro che tutta la sua narrazione ne uscirebbe definitivamente compromessa: l’errore commesso, proprio da lui, sarebbe evidente a tutti e il suo regime avviato al declino.

Ripetiamolo: è fondamentale che questa soluzione venga resa esplicita, dall’Occidente, all’opinione pubblica mondiale.

Fra parentesi, noi italiani avremmo anche una grande personalità da spendere per questo disegno: Romano Prodi, ex presidente della Commissione europea e che conosce bene sia il mondo russo, sia la Cina. Prima ci muoviamo in questa direzione, meglio è per tutti.

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