La credibilità dei leader è in crisi irreversibile e a qualcuno conviene

C’è un dato che si è mostrato plasticamente in questa settimana: il contagio globale della crisi di credibilità delle classi dirigenti. Non è un dato nuovo, evidentemente. Ma mai come ora la sua trasversalità globale salta agli occhi e diventa ancor più preoccupante. Italia, Europa, Stati Uniti Partiamo dall’Italia, in cui il governo si trova impantanato nella sua stessa strategia attendista, dopo mesi passati a non voler dichiarare da che parte stare disprezzando tutti coloro che semplicemente chiedevano il minimo fondamentale: capire quali interessi rappresentiamo e che strategie avremmo scelto. Non è un governo nazionalista, è un governo provinciale: che preferisce così restare ai margini del mondo per poter continuare a gestire un potere ormai quasi simbolico dentro gli insufficienti confini nazionali. La “bacheca della vergogna” sul sito della Casa Bianca. Trump mette all’indice i media sgraditi In Europa non se la passano meglio. Le classi dirigenti sembrano quasi orgogliose di non avere alcuna connessione sentimentale coi propri disorientati cittadini. Tutti i loro discorsi appaiono o autoreferenziali (rivolti da loro a loro stessi) o volti a rassicurare i grandi portatori di interessi economici. Non credo di aver mai visto, a memoria, una classe dirigente così elitista e arroccata nei propri palazzi. Non solo incapace ma anche disinteressata alla legittimazione democratica, a quello che pensano o che vogliono i propri cittadini. La cui unica salvezza è, paradossalmente, aver stabilito uno sciagurato patto con i governi populisti continentali. Un mix di aristocrazia e populismo che sembra aver contagiato l’Europa e la rende incapace di fare il salto di qualità che è l’unica cosa che potrebbe salvarla. Quanto agli Stati Uniti, non resta che stendere un velo pietoso. Anche in questa settimana Trump non ci ha fatto mancare i segnali della sua qualità umana – con il disturbato discorso in riferimento alla morte di Rob Reiner e della moglie – e della sua narrazione politica segnata dalla paranoia e dall’odio come principio assoluto delle relazioni private e pubbliche. Ora, temo non basti più ripetere periodicamente che le classi dirigenti non sono credibili, per poi magari finire l’articolo con un riferimento scontato all’aumento dell’astensionismo. Anche questo tipo di ragionamento è alla fine un’autoconsolazione: scarichiamo le colpe sui politici attuali e, in questo modo, continuiamo a sperare che il momento che stiamo vivendo sia solo un’eccezione, infelice ma provvisoria. Al contrario, credo si debba impostare l’analisi di questa debolezza delle classi dirigenti riconoscendola come un dato ormai strutturale. Certo, le classi dirigenti attuali sono modeste “soggettivamente”. Ma la loro selezione è voluta – non è un caso che ad essere scelti siano sistematicamente i peggiori – e serve probabilmente a renderle deboli “oggettivamente”. Il flop sugli asset russi: i leader ripiegano su debito comune ed “eccezioni ungheresi” Chi ne approfitta? La crisi di credibilità delle classi dirigenti non è altro che una manifestazione della crisi di legittimazione delle democrazie. Che non è un fenomeno spontaneo, ma determinato all’interno di un processo di risistemazione degli equilibri sociali. Se quasi tutti subiscono le scelte di classi dirigenti incapaci di reagire, alcuni – non è difficile individuare chi siano i portatori d’interesse che ne traggono giovamento – invece ne approfittano. Cosa unisce infatti quell’elenco triste e incompleto da cui son partito? Cosa hanno in comune il provincialismo del governo italiano, l’aristocratismo delle classi dirigenti europee e la pulsionalità egoriferita fattasi visione del mondo dell’autocrate americano? Segnalo solo due possibili risposte. La prima risposta: la debolezza dei politici finisce per garantire la debolezza della politica, il suo progressivo divorzio dalla sovranità autentica e dai luoghi del potere materiale. Più è necessario che la politica – specie quella che ha una qualche corrispondenza con le regole e le procedure della democrazia – sia marginalizzata, più è utile avere delle classi dirigenti incapaci di dirigere e in cerca disperata di qualcuno o qualcosa che le diriga. Persino Trump, colui che ostenta a ogni piè sospinto la sua potenza, è in realtà messo sempre più sotto tutela dai tecno-capitalisti di cui si è circondato. Che fingono di adularlo per potergli elegantemente dettargli l’agenda. L’Europa non deve cadere nella trappola americana La seconda risposta: a classi dirigenti incapaci di decidere resterà solo una cosa da fare: portare a termine il lavoro sporco che serve a tenere insieme i legami sociali che l’economia sta velocemente disfacendo. C’è un modo semplice di portare a termine questo lavoro sporco. Quando non c’è più nulla che ci tiene insieme, non resta che la guerra. L’extrema ratio, in ogni senso. È questa forse la manifestazione più eloquente della debolezza delle nostre classi dirigenti: non saper immaginare altra via d’uscita che non sia la guerra.