Tempo fa mia figlia ha voluto che le comprassi un libro di economia per bambini che ha trovato in una libreria. Breve, colorato, ben fatto. In seguito ha voluto anche comprare, della stessa serie, un libro di politica e uno di filosofia. A quanto ho capito, quello di politica l’ha fatta appassionare, le ha dato la sensazione di comprendere come mai, in casa, parliamo spesso di certe cose. Il libro di filosofia le ha fatto pensare di poter essere, già adesso, più grande di quanto credesse.

E il libro di economia? «Pensavo fosse difficile, troppo difficile. Invece ci ho trovato delle cose che, in qualche modo, sapevo già. Le sapevo già, ma allo stesso tempo non le sapevo. Ora che ci penso, non so proprio dire se le sapessi o no». Il libro di economia le ha provocato insomma una sensazione ambigua intorno al tema della conoscenza. Ma è molto contenta di aver sviluppato la consapevolezza di questa ambiguità. Credo.

Il muscolo inattivo

In un romanzo che ho pubblicato nel 2018 a un certo punto la voce narrante, un personaggio di nome Giulia che lavora in una banca d’affari, dice: «I discorsi economici provocano una sensazione simile a quando, facendo esercizio fisico, usiamo una parte del corpo che di solito rimane inattiva». Sono abbastanza d’accordo, anche oggi, con la mia voce narrante.

Del resto, ogni volta che accade qualcosa di grosso all’interno del sistema finanziario, le persone, che in maggioranza e di norma non badano a queste cose, anzi le ignorano, si rendono improvvisamente conto che questo sistema esiste. E provano a capire se sia possibile imparare qualcosa di utile dall’accaduto (dalla crisi, dal fallimento di una banca). Poi passa un po’ di tempo, e nuovamente tornano a disinteressarsene. (Tranne se devono farlo per lavoro o per gestire interessi di una certa grandezza).

L’economia, in verità, è più prossima di quanto crediamo alla nostra comprensione, perché in qualche modo è molto vicina alla struttura della realtà. Mi spingo a dire che, proprio per questo, forse, è particolarmente alla portata dei bambini: per istinto la capiscono, o sanno di sapere delle cose, pur non sapendole.

Per esempio, se scegliamo di adottare una definizione di economia (o per meglio dire una descrizione) molto semplice e pulita, diremo che l’economia è anzitutto la disciplina che si occupa di capire come mai facciamo certe scelte, e non altre. Il concetto di scelta nasce infatti nel momento in cui ci troviamo di fronte alla scarsità: per esempio nel caso in cui un bene non sia disponibile per tutti. E al mondo, di fatto, qualsiasi cosa non esiste in quantità sufficienti a soddisfare gli innumerevoli bisogni umani, soprattutto tenendo conto dei sistemi di potere e di oppressione, e dunque delle iniquità.

Il limite

In un mondo di risorse infinite – un mondo di fantasia, una grande fiaba o un incubo - non esisterebbe un vero bisogno di scegliere, perché tutto sarebbe sempre a disposizione. Ma il mondo delle infinite quantità è fuori dalla realtà. Gli oggetti, il tempo. Il tempo non è reversibile, e questo già basterebbe a definire un principio di scarsità che ci lega alla fisica delle cose. La scarsità, dunque, è parte della natura profonda della realtà.

C’è una torta al cioccolato, e una torta di mele. Tutti vogliono la torta al cioccolato, nessuno vuole quella di mele. Come fare a spartirsela? Tiriamo a sorte, oppure mangiamo tutti una fetta più piccola. Oppure, ancora, vediamo quanto siamo disposti a pagare per una fetta, chi paga di più ottiene. Questo è un problema di natura economica. L’economia nasce per via dei limiti.

Reazioni infantili

I bambini sono istintivamente pronti a comprendere la scarsità, e sono anche istintivamente pronti a comprendere la fantasia delle risorse infinite. Non so se avete mai provato a chiacchierare con dei bambini, a sentire le loro storie. Quando un bambino racconta una storia, quasi subito la narrazione esplode in un turbinio di eccessi: immagini, accadimenti, personaggi. Il filo si perde, i colori sono molto carichi, l’esuberanza vince.

Allo stesso tempo un bambino è in grado di calcolare esattamente il ruolo della scarsità nella propria vita. Di rilevare le privazioni che subisce, di avvertire l’ingiustizia in un istante, e di sottolinearla. Tant’è vero che quando cresciamo ci viene detto che non possiamo avere “reazioni infantili” se subiamo un torto, e con ciò si intende reazioni immediate e piene.

Eppure le reazioni infantili hanno un senso e sono interessanti, perché nell’infanzia, durante un periodo di sapienza economica piovuta dal cielo, siamo stati in grado di misurare perfettamente il peso delle scelte nostre e altrui.

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