A pagina 62 dell’Allegato Infrastrutture al Def, pubblicato dal ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibilità (Mims) e dal ministero dell’Economia (Mef), compare un grafico relativo all’andamento del traffico ferroviario nazionale tra il 2009 ed il 2019.

Il commento degli estensori verte sull’evidente calo di percorrenze nel periodo 2009-2014, addirittura un crollo nel segmento regionale, seguito da un recupero imputabile soprattutto ai nuovi servizi di alta velocità. Ma, in realtà, non è così.

Il grafico, che era già presente nel Documento strategico della mobilità ferroviaria di passeggeri e merci redatto dal Mims nel mese di dicembre 2021, contiene un errore macroscopico: il crollo del trasporto regionale riscontrato tra il 2010 ed il 2011 è solo apparente, perché la riduzione è semplicemente dovuta allo scorporo dei traffici operati da Trenord nel territorio della Regione Lombardia.

Non tenere conto di questo particolare significa confondere l’andamento del traffico delle Ferrovie dello Stato con l’insieme del traffico ferroviario nazionale, operato anche da diversi vettori.

Questo errore, già segnalato a suo tempo, non è stato corretto nemmeno in un documento importante come l’Allegato Infrastrutture al Def.

Questa trascuratezza potrebbe anche apparire un problema di second’ordine, ma è in realtà una spia di problemi ben più importanti: l’intero paragrafo dedicato alla descrizione delle strategie di sviluppo della rete ferroviaria nazionale è assai poco edificante.

La semplice illustrazione dei tre obiettivi funzionali di base è immediatamente seguita da un elenco di opere, senza che venga in alcun modo spiegato in che modo tali opere possano contribuire al perseguimento di quegli obiettivi.

Non è questo un vezzo di chi scrive, ma il modo con cui in tutta Europa si pianificano trasporti a tutte le scale e anche il modo con cui il ministero stesso chiede che lavorino le città nella redazione dei loro Pums (Piani urbani di mobilità sostenibile).

Di fatto, dunque, il documento non fa che avvallare ulteriori trasferimenti di risorse dallo Stato a Ferrovie dello Stato, spesso in assenza di alcun impegno, valutazione, progetto.

I costi senza controllo

Per limitarsi ad alcuni esempi più evidenti, il costo della nuova linea ad alta velocità Salerno-Reggio Calabria, i cui primi lotti sono attualmente oggetto di progettazione per un costo pari a circa 7,3 miliardi di euro, nel Def sono lievitati, superando gli 11 miliardi ed includendo quindi anche opere, in particolare il contestato Lotto 2, non ancora progettate, valutate e sottoposte a dibattito pubblico.

Altro esempio grave: sulla direttrice Adriatica Bologna-Foggia, già oggetto in questi ultimi anni di interventi di velocizzazione capaci di ridurre sensibilmente i tempi di percorrenza (fino ad un’ora tra Bologna e Lecce) a costi accettabili (dell’ordine di 1 miliardo di euro), compare un «adeguamento con caratteristiche Alta velocità/Alta capacità» di cui non esiste alcun progetto ufficiale, ma del quale, curiosamente, si conosce già il costo preciso: 9.365 milioni di euro.

Queste due sole misure comportano dunque, rispetto al quadro dei progetti noti, un incremento di costo di quasi 15 miliardi, senza alcuna valutazione tecnica, ambientale ed economica.

Ci si potrebbe chiedere per quale motivo un progetto di tramvia del costo di 200-300 milioni, per essere iscritto a queste tabelle, debba passare il vaglio delle valutazioni tecnico-economiche a norma del decreto legislativo 300/17, mentre invece quello di una linea ferroviaria del costo 20 o 30 volte superiore possa tranquillamente farne a meno ed essere inserito a semplice richiesta del proponente in un documento che ha valore di legge nell’informare il Bilancio dello Stato.

A poco valgono dunque le molte parole spese sulla transizione, sulla sostenibilità, sulla valutazione, che aprono il documento, se poi nessuna pratica applicazione viene loro data in corrispondenza di questi progetti di costo molto elevato e di dubbia – o quantomeno indimostrata – utilità.

Sono interrogativi che, in un paese normale, andrebbero rivolti direttamente al ministro, il quale tuttavia ha già dato segno, non rispondendo pubblicamente a nostre analoghe domande, di ritenere poco interessante questo genere di dibattito.

Visto l’ammontare delle risorse in gioco, avremmo a questo punto la curiosità di sapere che cosa ne pensa la presidenza del Consiglio.

© Riproduzione riservata