I Cpr in Albania? Comunque vada sarà danno erariale

Fun-zio-ne-ran-no», aveva scandito Giorgia Meloni nel dicembre 2024, ad Atreju, parlando dei centri albanesi per i migranti. Dall’esposto di ActionAid alla Corte dei conti, tuttavia, il quadro che emerge è nettamente differente. Una «perdita di denaro pubblico prodotta da decisioni illegittime o inefficienti», scrive l’associazione nel report “Il costo dell’eccezione. I centri in Albania”. Il report racconta di un progetto tenuto in vita nonostante si accumulassero rilievi di illegittimità e segnali di inefficacia. Con una sequenza di decreti legge, osserva ActionAid, il governo ha provato ad «aggirare gli ostacoli posti dai giudici», continuando a finanziare i centri pur nella consapevolezza del contrasto con il diritto. Nel corso dei mesi, su queste pagine l’abbiamo spiegato passo dopo passo, preannunciando il fallimento del modello Albania. Migranti detenuti nei cpr nonostante fragilità psichiche, rilasciati e abbandonati a sé stessi Le decisioni dei giudici Sin dall’inizio, nell’ottobre 2024, l’operazione si è infranta contro il diritto europeo, dopo che il tribunale di Roma aveva rifiutato di convalidare il trattenimento dei primi dodici migranti a Gjadër. «In meno di una settimana dall’approdo dei primi richiedenti asilo nelle strutture albanesi» – osserva ActionAid – «queste risultavano già vuote e non funzionanti. La stessa cosa si ripeteva il mese successivo». Avevamo subito rilevato che il decreto legge in cui il governo aveva trasfuso la lista dei Paesi di origine sicuri, nel tentativo di sottrarla al sindacato dei giudici, non l’avrebbe blindata, né avrebbe evitato la mancata convalida dei trattenimenti. E così è stato. Allora l’esecutivo ha giocato una carta ulteriore: «Nella speranza di ottenere provvedimenti più favorevoli», dice ActionAid, ha spostato le competenze sull’immigrazione dai tribunali alle corti d’appello. Avevamo scritto che questa non sarebbe stata la soluzione. E la corte d’appello di Roma l’ha confermato, sospendendo le convalide e rimettendo alla Corte di giustizia dell’Unione europea la definizione del concetto di paese sicuro. Nemmeno «il “nuovo “blocco” giudiziario» – rileva ActionAid – ha fermato il governo, che, in attesa della decisione di Lussemburgo, sempre con decreto legge, ha trasformato la struttura di Gjadër in Cpr. Pure quest’ennesimo tentativo di riempire i centri, vuoti da mesi, non ha funzionato, come avevamo previsto. Nuove questioni pregiudiziali sono state presentate alla Corte di giustizia Ue, prima dalla Cassazione e poi dalla corte d’appello, che ha espresso dubbi addirittura sulla competenza dell’Italia a stipulare il protocollo. Quando, poi, nell’agosto 2025, la Corte di giustizia Ue ha confermato che ai giudici compete sindacare se un Paese sia effettivamente sicuro e che, fino al nuovo Patto europeo su migrazioni e asilo, la sicurezza deve sussistere per l’intera popolazione, è crollato il presupposto giuridico del modello Albania. ActionAid parla di un «esito prevedibile, ma ignorato, che ha prodotto solo costi aggiuntivi». Lo spreco dei Cpr in Albania, esposto alla Corte dei Conti: «Milioni tolti a sanità e scuole» «Si sono costruite e mantenute strutture all’estero» nonostante i «molti posti liberi» nei centri italiani e la «sproporzione evidente dei costi» per la detenzione in Albania. Sul piano costituzionale, dice ActionAid, questa condotta contrasta con i principi di cui all’articolo 97: buon andamento, efficienza, economicità, proporzionalità dell’azione amministrativa. I giudici contabili non sono chiamati a sindacare il diritto del governo di cercare soluzioni nuove nella gestione dei flussi migratori, ma se «la perseveranza ostinata nel tenere in vita un progetto inefficace e giuridicamente inconsistente, attraverso nuovi stanziamenti per gli allestimenti, continui cambi di regole e spostamenti di competenze» abbia «generato una perdita per l’erario». Uno spreco di denaro pubblico che poteva essere usato per «servizi e welfare», e invece ha finanziato un impianto fallimentare, oltre che illegittimo. Spreco di cui qualcuno, ci si augura, prima o poi dovrà rispondere. Paesi sicuri e Cpr, quella del governo non è una vittoria