C'è un'altra onda Verde in Europa, un sommovimento politico più piccolo di quello francese del 2020 e di quello atteso in Germania, ma significativo nel grande disegno delle cose. Alle elezioni in Scozia gli Scottish Green hanno ottenuto il miglior risultato della loro storia, con otto seggi conquistati a Holyrood, il parlamento di Edimburgo. Otto seggi decisivi per lo Scottish National Party, che ha vinto le quarte elezioni di fila ma non ha ottenuto la maggioranza assoluta.

I progetti da primo ministro di Nicola Sturgeon per i prossimi anni, in particolare il secondo referendum sull'indipendenza, passeranno dall'appoggio del partito ambientalista al suo governo di minoranza. Ci sarà da trattare: i Green sono indipendentisti come Snp ma con una visione più radicale su energia, clima ed ecologia, definiscono Snp dei «tecnocratici centristi» e la transizione ecologica di Sturgeon, tanto elogiata nel mondo, «un'ipocrisia», come dichiarato a Politico da Ross Greer, uno dei personaggi più in vista del partito, «verde, cristiano e socialista».

Tanta asprezza è un paradosso interessante. Con la leadership di Snp, la Scozia è diventata «una delle economie più avanzate d'Europa nelle politiche ambientali», parole di Al Gore nel 2018. L'ex vice-presidente americano addirittura attribuiva questo progresso all'eredità della Scozia di metà '700 come centro dell'illuminismo europeo.

L'endorsement di prestigio della stella dell'ambientalismo globale è stato supportato dai numeri: la Scozia ha triplicato le rinnovabili in dieci anni, nel 2020 è arrivata a un passo dal 100 per cento, fermandosi a uno strabiliante il 97,4 per cento di elettricità prodotta dal vento.

In questi anni, è diventata «l'Arabia Saudita delle rinnovabili», definizione in voga nel mondo delle energie pulite, inventata da Alex Salmond, ex primo ministro, ex leader Snp e ora arci-nemico del partito.

Nel 2019 Sturgeon ha dichiarato l'emergenza climatica, ha elogiato i Fridays for Future ed è anche nella posizione privilegiata di ospitare la COP26 di Glasgow, evento di punta delle politiche climatiche globali. Eppure tra Snp e Greens c'è una faglia aperta proprio sulle politiche ambientali e sull'ambivalenza del partito di governo, capace di creare una filiera di eccellenza nell'eolico offshore (il 25% della potenza europea) senza però sciogliere il legame con il petrolio e il gas del Mare del Nord.

Il petrolio scozzese

È un'ambiguità che sta nella storia stessa dello Scottish National Party, il cui primo slogan fu «It's Scotland's Oil», è il nostro petrolio. L'idrocarburo scozzese fu un concetto dominante nel referendum perso nel 2014. Come tema di rottura da Londra è stato poi scavalcato da Brexit e CoVid, ma Snp ha continuato a essere vicino ai lavoratori scozzesi dell'oil&gas e non contrario all'estrazione da giacimenti che contengono un potenziale di venti miliardi di barili di petrolio.

L'Snp ha fatto della Scozia un'eccellenza europea delle rinnovabili ma contemporaneamente non ha spezzato i legami con le fonti fossili. Pur senza arrivare all'ambizioni dei Grünen tedeschi, anche una piccola forza verde come quella scozzese può avere un ruolo fondamentale di stimolo sulle politiche ambientali, e vale anche per governi già virtuosi come quello scozzese.

Sturgeon potrebbe trovarsi a scegliere tra il petrolio e il referendum, quando solo sette anni fa il petrolio fu uno degli argomenti centrali dello stesso referendum.

I Green hanno già confermato il loro sostegno al progetto referendario: «C'è stato un chiaro mandato democratico per averlo», ha dichiarato alla Bbc una delle leader del partito Lorna Slater, «che razza di paese siamo se lo ignoriamo?». Contemporaneamente, hanno promesso battaglia sulle policy ambientali: sarà una strettoia interessante.

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