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Il Bauhaus di Ursula von der Leyen e la politica che vuole fare l’arte

(Ursula von der Leyen durante l'annuncio del progetto del nuovo Bauhaus europeo)
(Ursula von der Leyen durante l'annuncio del progetto del nuovo Bauhaus europeo)

La presidente della Commissione Ue cita l’esperienza artistico-culturale di un secolo fa e annuncia un Bauhaus green. Spetta alla politica «pianificare la bellezza, definire l’estetica, dare forma a un movimento»? Forse, prima di voler riformare l’estetica, deve riequilibrare i rapporti di potere

  • Ursula von der Leyen ha annunciato la creazione di un “Bauhaus green”, spazio per artisti, scienziati, accademici per pensare un futuro verde e riabitare la quotidianità di oggetti e pratiche sostenibili.
  • La presidente allude all’esperienza artistico-culturale di un secolo fa, che professava la gesamtkunstwerk, l’arte totale, interdisciplinare, che doveva investire ogni ambito dell’esistenza e dialogava con il mondo produttivo.
  • Bruxelles vuol far nascere “un movimento”. Ma può essere la politica a decidere come, dove e perché deve nascere una avanguardia artistica e culturale?

È la politica a decidere come, dove e perché deve nascere un’avanguardia artistica e culturale? Ursula von der Leyen, che a parole fa del Green deal la sua priorità da quando si è insediata, ora lancia un “Bauhaus” dedicato alla transizione verde. La notizia rimbalza senza ombra di critiche: il richiamo al Bauhaus è abbagliante. La presidente tedesca della commissione Ue fa riferimento all’esperienza artistica nata nel suo paese un secolo fa e chiusa dal regime nazista. Quel Bauhaus, con le tre

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