In Europa, l’invasione russa dell’Ucraina ha ossigenato la corsa al riarmo, un processo già in atto durante la pandemia, come ha scritto Stefano Feltri su Domani. Il vecchio continente è rinato dalle macerie della Seconda guerra mondale con una politica kantiana: integrazione commerciale e culturale, pace e benessere.

L’Unione europea senza una comune politica di difesa: la Nato, e gli Stati Uniti come sua massima agenzia di approvvigionamento, è stata per anni l’allenza-schermo dietro alla quale l’Europa si è costruita un’immagine rassicurante. Non senza generare critiche di ipocrisia: ricordiamo una celebre copertina del New Yorker, precedente all’attentato terroristico del 2001, nella quale Usa e Ue erano raffigurati con due file di persone in attesa di imbarcarsi su un aereo: la prima fila era un mondo variegato, multietnico, un po’ sgangherato, con i viaggiatori che soffrivano in piedi; la seconda era tutta bianca, con gente ben vestita e che attendeva seduta, bevendo e  fumando.

I paesi europei sembrano voler correggere quell’immagine iconica di benessere nella pace e si imbarcano in politiche di riarmo.

La giustificazione al riarmo è iniziata con le immigrazioni dall’Africa e dal Medio Oriente che hanno sedimentato l’idea che i confini della Ue necessitino di una difesa non aleatoria (e che la Nato non può offire).

Poi, la Brexit ha aperto nuovi spazi di giustificazione visto che a quel punto la Francia era la sola forza militare preponderante, un fatto che alla Germania non doveva piacere affatto.

La guerra in Ucraina arriva nel momento giusto e giustifica quel che neppure i massacri seguiti alla dissoluzione della Yugoslavia sono riusciti a giustificare.

Il riarmo corposo della Germania, la costante crescita in vari paesi e in Italia del bilancio della Difesa stanno cambiando l’immagine dell’Europa, che non cesserà di godere dello proprio status di benessere ma lo riserverà probabimente a fasce sempre più ristrette di una popolazione che è sempre più multietnica.

La pandemia non è riuscita a motivare tanti finanziamenti alla salute quanto la guerra.  Sembrerebbe che la produzione di armi si imponga come un settore di traino della ripresa economica più della sanità.

La crisi energetica e il probabile razionamento sembrano dare una mano a questa nuova stagione di politiche nazionalistiche.

Da un lato, il presidente francese Emmanuel Macron profila uno Stato che prenda il controllo del settore energetico e perfino un ritorno alla pianificazione. 

Dall’altro, una Germania che sembra convertita all’idea della spesa militare come volano di crescita.

La rinascita dal Covid rivisita strade battute nel primo dopoguerra – nazionalismo economico e riarmo – e questo può difficilmente riservarci un mondo più giusto e più sicuro.

Anche in passato, la militarizzazione è stata venduta come volano di benessere, un’ideologia che ha abbagliato perfino le socialdemocrazie. Ha senso essere preoccupati.

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