In audizione al Senato nello scorso mese di marzo, il ministro dell’Innovazione tecnologica, rispondendo a una domanda circa l’ipotesi di bloccare il cashback, aveva detto che la decisione spetta al Ministero dell’economia e delle finanze (Mef), perché riguarda l’impatto della misura. Ma qual è tale impatto?

Le finalità del cashback

Il cashback è stato istituito dalla Legge di Bilancio 2020 e reso operativo con decreto del Mef nel novembre 2020, con una durata complessiva (escluso il periodo sperimentale) dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2022, articolata in tre semestri.

Al termine di ognuno si può ottenere un rimborso in denaro per acquisti effettuati con strumenti di pagamento elettronici, salvo eccezioni (acquisti on-line, con addebito diretto su conto corrente ecc.). Sono previste due tipologie di rimborso.

La prima pari al 10 per cento per ogni transazione, con almeno 50 transazioni nel semestre, per un massimo di 150 euro complessivi e 15 euro di rimborso a spesa. La seconda come rimborso speciale (super cashback) forfettario, erogato alle prime 100 mila persone che effettuano il maggior numero di transazioni nel semestre.

L’iniziativa - nel programma Italia Cashless, con la cosiddetta lotteria degli scontrini - ha l’obiettivo di incentivare l’uso di strumenti elettronici di pagamento, riducendo quello dei contanti.

La Corte dei Conti, nel Rapporto 2019 sul coordinamento della finanza pubblica aveva rilevato che serviva contrastare l’ingente evasione fiscale anche con «l’uso delle tecnologie, in chiave soprattutto preventiva e persuasiva e non solo ai fini dei controlli successivi».

L’organo di controllo auspicava che la già prevista “lotteria dei corrispettivi” riuscisse a diffondere la «corretta contabilizzazione», come «avvenuto in Paesi che si caratterizzavano per livelli di evasione marcati», e invitava a esplorare «ulteriori misure di incentivazione dei pagamenti mediante carte di debito o di credito».

Nel novembre 2019, nell’Audizione sul bilancio di previsione per l’anno 2020, l’Istituto aveva definito di «notevole portata» l’introduzione del cashback, per incentivare i pagamenti elettronici e così «favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili»; ma nell’aprile 2021, a pochi mesi dall’operatività della misura, aveva manifestato i primi dubbi.

Nella Memoria sul documento di economia e finanza 2021 - «in attesa di poter disporre di dati analitici sui risultati» di cashback e lotteria degli scontrini - la Corte aveva rilevato la necessità di «evitare la dispersione di risorse con l’incentivazione di operazioni in settori ove non si registrano significativi fenomeni di omessa contabilizzazione dei corrispettivi o nei quali il pagamento mediante carte di debito o di credito è da tempo invalso nell’uso».

Le incentivazioni dovrebbero riguardare «acquisti di beni e servizi di modico valore o per i quali sono più probabili fenomeni di occultamento». In altre parole, se si premiano transazioni non caratterizzate da evasione o che sarebbero comunque avvenute con moneta elettronica, il finanziamento della misura non produce gli effetti cui essa è finalizzata, traducendosi in uno spreco.

I rilievi della Corte dei Conti

Giorni fa, nel Rapporto 2021 sul coordinamento della finanza pubblica, la Corte dei Conti è tornata sul tema. Sulla base dell’analisi effettuata, se pur parziale – come si vedrà - la Corte ha rilevato criticità e limiti di cashback e lotteria degli scontrini, suggerendo correttivi.

Innanzitutto, circa la prima misura, per contrastare l’evasione sarebbe meglio prevedere «un incentivo differenziato tra, da un lato, grande distribuzione, catene commerciali, impianti di distribuzione carburanti, ecc. (che generalmente presentano contenuti livelli di evasione sui ricavi) e, dall’altro, piccoli operatori, artigiani e simili, che si caratterizzano per diffusi fenomeni evasivi». In secondo luogo, servirebbe elevare il numero di cinquanta transazioni nel semestre: tale numero, già raggiunto da molti partecipanti, si rivela esiguo, «indebolendo l’interesse ad utilizzare il pagamento elettronico».

Quanto al super cashback, sarebbe opportuno «limitare il numero di operazioni effettuabili con lo stesso operatore nell’arco della medesima giornata (anche se con carte diverse)», pure per evitare il «frazionamento artificioso degli acquisti», cui ricorrono “furbetti” che fanno svariate transazioni di pochi centesimi.

Ancora, il premio di 1500 euro ai primi 100 mila utenti per numero di operazioni nel semestre appare eccessivo e disincentiva altri utenti dal concorrere. Quanto alla lotteria degli scontrini, essa «è risultata al momento alquanto limitata e settoriale»: ha finora aderito soltanto il 23 per cento degli esercenti, peraltro concentrati nella grande distribuzione, e in alcune regioni – come Campania, Sardegna e Valle d’Aosta - c’è stato «un risultato del tutto insoddisfacente, sintomo di un sostanziale rifiuto dell’iniziativa».

Gli impatti del cashback

«La rilevanza delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e gli ambiziosi obiettivi» del cashback - per cui il governo ha stanziato 1,75 miliardi per il 2021 e 3 miliardi per il 2022 – impongono di verificarne gli impatti. A questo fine, la Corte ha chiesto informazioni al Mef, che «si è limitato a fornire i soli dati relativi alla disaggregazione delle transazioni per classi di importo e la distribuzione del numero di utenti per fasce di operazioni», senza poter assolvere ad altre richieste: la normativa in materia di tutela dei dati personali e le indicazioni del Garante non lo consentono. Pertanto, la Corte si è trovata nell’impossibilità di valutare i reali effetti economici e tributari del cashback. Non si entra nel merito della questione privacy, sulla quale la Corte ha espresso notevoli perplessità, spiegando come paradossalmente “acquirer” e “organizzazioni che analizzano il settore dei pagamenti elettronici” dispongano delle informazioni necessarie per verificare gli impatti, mentre esse «non siano conoscibili dalle Istituzioni pubbliche che hanno finanziato l’iniziativa».

Tuttavia, ci si chiede come si pensava di riuscire a valutare ex post la riuscita della misura, essendo noto ex ante che i dati necessari non avrebbero potuto essere forniti agli organi di controllo.

La Corte ha, quindi, segnalato «l’esigenza che le decisioni sulla futura prosecuzione del Programma trovino il necessario supporto nella compiuta conoscenza di elementi fondamentali quali la valutazione degli effetti economici prodotti dall’incentivazione dell’uso degli strumenti di pagamento elettronici nei diversi settori economici interessati e l’impatto che la diffusione delle modalità di pagamento diverse dal contante ha avuto in termini di emersione di ricavi e compensi precedentemente occultati».

Senza l’indispensabile conoscenza degli effetti, il governo – che intanto sta intervenendo sui micro-pagamenti - deciderà comunque di proseguire il cashback? La cultura della valutazione degli impatti è questione seria, forse non ancora sufficientemente sentita.

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