Perché infilare un condono fiscale in un decreto che deve sostenere l’economia, come quello “Sostegni” approvato venerdì dal governo Draghi? La risposta breve è: per dare un segnale che al governo è tornato il partito degli evasori, rappresentato nel caso specifico dalla Lega di Matteo Salvini. La misura ha suscitato una certa indignazione, più sui social che sui giornali. Adesso che sono disponibili le relazioni abbinate al decreto abbiamo qualche elemento in più per parlarne.

Il primo punto fermo è che non c’entra nulla con il resto del decreto. Il provvedimento che mette 32 miliardi a sostegno dell’economia è mosso dalla logica di arginare l’impatto sociale della pandemia e mettere qualche base per la ripresa, appena ci saranno abbastanza persone vaccinate.

Molti provvedimenti sono sensati e vanno in direzione di una maggiore equità, per esempio l’aggiunta di un miliardo per il reddito di cittadinanza e l’allentamento dei criteri, per evitare che i poveri perdano il sussidio appena trovano un piccolo lavoro (il beneficio rimane fino a 10mila euro annui di reddito familiare).

Ci sono anche misure fiscali, soprattutto sospensioni o proroghe di versamenti, per evitare che tanti individui o imprese si trovino a dover versare al fisco somme di cui non dispongono perché hanno perso ricavi.

Questo rinvio viene applicato, per ulteriori due mesi, anche alle somme che il fisco reclama da contribuenti che non pagano: si stima una perdita di gettito di 510 milioni di euro per “versamenti, derivanti da cartelle di pagamento, nonché dagli avvisi esecutivi previsti dalla legge, relativi alle entrate tributarie e non tributarie”. Fin qui tutto lecito e sensato, visto il momento. Poi c’è il condono.

Chi ne beneficia

La misura riguarda l’annullamento automatico di crediti fiscali da parte dello Stato, tra erario, Inps e Inail, di importo residuo fino a 5.000 euro e relativi al periodo 2000-2010. Possono beneficiarne sia persone fisiche che soggetti diversi con un reddito imponibile fino a 30.000 euro nel 2019. Di solito i condoni fiscali vengono fatti con la giustificazione di incassare subito qualcosa: il contribuente evasore, o comunque in contenzioso, paga una cifra inferiore a quella dovuta, lo Stato aumenta il gettito nell’immediato, rinuncia alla cifra complessiva ma costi e incertezze dei contenziosi lunghi.

I condoni, nelle varie forme, inclusa quella della “rottamazione” delle cartelle, vengono usati per far salire gli introiti del fisco nell’anno in cui vengono approvati, un beneficio immediato che nasconde il costo occulto di incentivare all’evasione futura.

Il condono del governo Draghi, invece, rappresenta un costo netto per lo Stato: 666 milioni di gettito in meno complessivi tra 2021 e 2026, perché è un atto unilaterale dell’amministrazione fiscale che rinuncia alle sue preteste, senza chiedere al contribuente di versare neanche una somma simbolica.

La motivazione data dal premier Mario Draghi è che la macchina pubblica è così poco efficiente che tanto non riuscirà mai a recuperare quelle somme, l’arretrato si stratifica anno dopo anno e ingolfa la produttività dell’Agenzia delle entrate, che rallenta sempre di più schiacciato dal peso dell’inefficienza passata (alimentata, va detto, proprio dalla frequenza dei condoni che rendono razionale la scelta di non pagare).

Lo stato, quindi, non perde molto, rinunciando a quelle somme di fatto poco esigibili. Ma neanche ottiene alcun beneficio, perché l’efficienza della macchina tributaria non migliora grazie a quel piccolo alleggerimento.

Se è vera la premessa che quei crediti erano poco esigibili dal fisco, allora cade ogni argomentazione per fare il condono ora: i beneficiari non se ne accorgeranno nemmeno, se sono dieci anni che non riescono o non vogliono pagare pochi migliaia di euro al fisco, difficile che quel debito risulti particolarmente gravoso proprio ora, durante il Covid.

Il messaggio 

Nessun beneficio per le casse pubbliche, scarsa utilità per i beneficiari, zero utilità per l’amministrazione fiscale. Perché approvarlo ora, dunque? Perché così la Lega ha dato subito un segnale al suo elettorato di riferimento: sono tornati al governo quelli che stanno dalla parte degli evasori, che capiscono le loro ragioni e le legittimano.

A Mario Draghi possiamo concedere di aver evitato che il condono andasse oltre la dimensione simbolica, ma il messaggio che è passato non è simbolico affatto, perché la scelta se pagare o no le tasse future dipende per una buona parte degli italiani da quanto percepiscono il fisco determinato ad andargliele a contestare in caso di inadempienza.

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