Il dibattito di questi giorni sulla svolta europeista di Matteo Salvini, e se questa vada rubricata nella colonna delle buone notizie o delle solite pagliacciate, è molto appassionante (si fa per dire) e completamente illogico. Illogico perché è incongruo rispetto alle premesse su cui si fonda il ragionamento che ha portato il presidente della Repubblica ad affidare la formazione di un governo a Mario Draghi.

Sergio Mattarella ha detto che l’esecutivo di alto profilo deve nascere per due ragioni: serve un governo funzionante per il piano vaccinale e per gestire il Recovery fund; se si va a votare i morti aumenteranno. Dalla considerazione di queste necessità è nato l’appello alla fiducia a un governo «che non debba identificarsi con alcuna formula politica». Le ragioni di Mattarella, come tutte le ragioni, possono essere giudicate adeguate o inadeguate, e dunque accolte o respinte, ma se vengono accettate la questione si sposta su un altro scenario, superando tutte le considerazioni sulle incompatibilità politiche, le scomuniche ideologiche, le linee rosse, i “mai con”, i governi guidati da Superman e altre cose che si dicono nella normale dialettica politica.

Accettare le ragioni di Mattarella significa accettare che il governo Draghi si muove al di fuori e al di sopra della normale dialettica politica. Dice quello: entrare in un governo con Salvini è inaccettabile. Ma è proprio questo il punto. La proposta, così come formulata dal Quirinale, è di accettare l’inaccettabile, è una programmatica e provvisoria convivenza fra nemici. Questa è la cosa complicata (nel banalese che per qualche ragione ci siamo costretti a parlare si dice “sfida”) di tutta questa vicenda, e mettersi a lambiccare sulla vera, presunta o veramente opportunistica conversione sulla via di Bruxelles è un esercizio che tradisce scarsa comprensione delle premesse dell’operazione.

Ancor più miope fermarsi alla lista dei tradimenti, dei tweet in cui Salvini diceva X e oggi dice Y, perché a mettere in fila i recenti episodi in cui un partito ha detto una cosa e poi ha fatto il contrario viene fuori un libro della lunghezza di L’uomo senza qualità di Musil, un sommo capolavoro che hanno letto in quattro. Certo, ci sono gli elettori, il consenso, la base, le dinamiche interne e altre cose di cui non si può non tenere conto, ma aderire alla logica mattarelliana significa accettare la temporanea compatibilità dell’incompatibile, lasciando perdere le divinazioni.

 

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