È arrivato il primo Dpcm dell’era Draghi. Non si è cambiato passo, quanto a strumento normativo utilizzato. Ma anche in quanto ai contenuti – salvo poche novità apprezzabili – la continuità è palese.

Fonti del diritto

Dal 6 marzo, nelle zone rosse si prescrive la sospensione dell’attività in presenza delle scuole di ogni ordine e grado, mentre nelle zone arancioni e gialle i presidenti delle regioni potranno disporre la sospensione dell’attività scolastica in casi di gravità (aree in cui siano adottate misure più stringenti a causa delle varianti; zone in cui vi siano più di 250 contagi ogni 100mila abitanti in 7 giorni; eccezionale peggioramento del quadro epidemiologico).

Purtroppo, è palese la continuità nella distorsione delle fonti del diritto fra il governo precedente e quello in carica, che ha deciso di regolare l’esercizio del potere di ordinanza dei presidenti di regione, previsto dalla legge (n. 833/1978), con Dpcm, anziché con decreto-legge, cioè con una fonte di pari grado. Ciò significherà che i presidenti potranno continuare a superare i limiti previsti dal Dpcm e disporre misure in autonomia, come nei mesi scorsi. Con buona pace della recente sentenza della Consulta, la quale ha ribadito che lo stato dovrebbe farsi carico della gestione della pandemia.

Persone con disabilità

Il nuovo Dpcm prevede che il divieto per gli «accompagnatori dei pazienti di permanere nelle sale di attesa dei dipartimenti emergenze e accettazione e dei pronto soccorso» sia derogato per gli «accompagnatori dei pazienti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (…) che possono altresì prestare assistenza anche nel reparto di degenza». È un’ottima notizia. Molte associazioni per la disabilità si erano battute perché fosse introdotta questa norma.

La presenza di un caregiver accanto alla persona con disabilità era stata richiesta, da un lato, perché spesso è necessario un “mediatore” per la comprensione delle richieste ed esigenze del disabile stesso, che può avere difficoltà di comunicazione, agevolando così l’attività degli operatori sanitari; dall’altro lato, per attenuare il suo disagio, a causa del ricovero. La norma andrebbe resa definitiva con decreto-legge.

Tavolo per i trasporti pubblici

All’inizio di dicembre, un Dpcm aveva attribuito compiti di coordinamento dei trasporti pubblici locali (Tpl) ai prefetti, d’intesa con molti altri soggetti (sindaci, aziende di Tpl, esponenti dei ministeri dell’Istruzione e dei trasporti, assessore regionale ai trasporti ecc.), per coordinare gli orari delle attività didattiche con quelli dei servizi di trasporto e redigere un apposito documento operativo. Il nuovo Dpcm aggiunge che l’attuazione di quest’ultimo «è monitorata dal medesimo tavolo, anche ai fini dell’eventuale adeguamento».

A parte la mancanza di trasparenza di molti comuni circa il piano dei trasporti adottato, si osserva che nelle scorse settimane alcune ordinanze regionali avevano disposto la chiusura delle scuole motivandola anche con la necessità di limitare gli spostamenti, dato il congestionamento dei mezzi pubblici e gli assembramenti nei pressi degli istituti scolastici. Dunque, di certo è utile il monitoraggio previsto dal nuovo Dpcm. Per verificare che il piano funzioni, specie in termini di garanzia di un adeguato distanziamento, sarebbero necessari maggiori controlli in concreto – sui mezzi pubblici e nelle strade – che in questa fase della pandemia sono forse carenti.

Coprifuoco e raccomandazioni

Resta il cosiddetto coprifuoco, cioè il divieto di spostamento dalle 22 alle 5 del giorno successivo, salvo che per esigenze di salute, necessità, lavoro ecc. La misura continua ad apparire più di ordine pubblico che di contrasto alla pandemia. Essa è la dimostrazione che i controlli in concreto – si torna al punto – necessari al fine di evitare la “movida” notturna forse non sono sufficienti. Peraltro, la disposizione viene completata “raccomandando fortemente”, «per la restante parte della giornata, di non spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati», salvo che per i motivi indicati.

A tale proposito, nella bozza del nuovo Dpcm ci sono cinque misure “fortemente raccomandate” e quattro “raccomandate”. Tra le altre, quella di «non ricevere persone diverse dai conviventi», salvo che per le note esigenze specificamente previste, o di usare «dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all’interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi». Al riguardo, vale la medesima osservazione fatta per altri Dpcm dell’era Conte. Da un lato, le raccomandazioni – semplici o rafforzate – non hanno valore sul piano giuridico, e quale sia la differenza tra le due tipologie non è dato sapere. Eppure, anche Draghi continua a usarle. Dall’altro lato, mescolare nello stesso testo regole cogenti con raccomandazioni può ingenerare confusione. Disposizioni che operano su piani diversi vanno veicolate con canali distinti.

Per altro verso, le norme giuridiche devono essere chiaramente riconoscibili e operare come tali, rendendo esigibili gli obblighi che impongono. Ad esempio, è impossibile verificare il rispetto di una regola, tesa a evitare assembramenti casalinghi, che prescrive non si possa ancora andare a casa di parenti e amici se non un’unica volta al giorno e solo in due persone. Eppure la norma viene reiterata di Dpcm in Dpcm.

Nuovi indicatori di rischio?

Presso il ministero della Salute, «al fine di dare attuazione agli indirizzi forniti dalle camere», è istituito un tavolo tecnico, composto da rappresentanti del ministero della Salute, dell’Istituto superiore di sanità, delle regioni e delle province autonome, nonché da un rappresentante del ministro per gli Affari regionali, «con il compito di procedere all’eventuale revisione o aggiornamento dei parametri per la valutazione del rischio epidemiologico».

Com’è noto, a maggio fu introdotta la “parlamentarizzazione” dei Dpcm: il presidente del Consiglio o un ministro delegato riferisce alle camere circa il loro contenuto.

Il tavolo ora istituito deve attuare le indicazioni espresse del parlamento in quella sede, che spesso cadono nel vuoto. Ma la norma limita l’attività del tavolo solo agli indirizzi sulla revisione degli indicatori di rischio sui quali si basa la classificazione in “colori” delle regioni. La funzione del tavolo, insomma, è oltremodo ridotta. E, ancora una volta, non si tiene conto della Conferenza stato-regioni, luogo istituzionale di co-decisione permanente tra governo e territori.

Un’ultima osservazione. Il nuovo Dpcm, come esposto, sancisce una stretta in tema di scuola, fondata su un parere del Comitato tecnico scientifico. Il precedente presidente del Consiglio ha previsto che i pareri del Cts siano pubblicati 45 giorni dopo la loro adozione. Ma, se sono emanate disposizioni basate su di essi, serve renderli pubblici contestualmente, per far capire la ratio delle disposizioni stesse. Si reitera, inoltre, la domanda di pubblicare i dati grezzi sulla pandemia, che restano ancora opachi. Ora che a palazzo Chigi c’è Draghi, ci sarà maggiore trasparenza?

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