La tregua tra politica e cittadini si è rotta: in questa fase due nessuno si fida più. Basta seguire l’indegno rimpallo di responsabilità tra governo e regioni su chi deve chiudere cosa per avere l’ennesima conferma che fermare il contagio è l’ultimo pensiero di ministri, tecnici e presidenti di regione.

Sono tutti troppo occupati a evitare di essere indicati come responsabili di quello che è un evidente disastro frutto di scelte sbagliate negli ultimi mesi.

C’è però una cosa semplice che governo e regioni possono fare per ritrovare almeno una parte della credibilità perduta e tentare di convincere i cittadini a rispettare oggi divieti e restrizioni imposti senza alcuna logica percepibile. Devono rendere pubblici i dati, tutti.

La fondazione Gimbe (Gruppo italiano per la medicina basata sull’evidenza) guidata da Nino Carabellotta ha lanciato una petizione importante: chiede al governo di rendere disponibili e utilizzabili i dati disaggregati comunicati dalle regioni al governo, dall’inizio dell’epidemia a oggi.

Servono questi dati a livello provinciale e comunale. Dati che da qualche parte esistono, a volte pubblicati in modo frammentato in siti nascosti, a volte secretati: se fossero tutti aggregati e divulgati potremmo valutare le scelte prese dalle istituzioni su lockdown e aperture ed emergerebbero eventuali sciatterie, ritardi, imbrogli.

Perché rendere pubblici i dati? Perché da alcuni anni la ricerca è integrata a livello mondiale, caricare i dati sulla piattaforma Github permetterebbe a ricercatori di tutto il mondo di studiare quello che sta succedendo in Italia, di capire quali misure funzionano e quali no, se ci sono aree che possono essere salvate dalle chiusure (preservando posti di lavoro) o altre che all’apparenza non sembrano problematiche ma vanno perimetrate prima che sia troppo tardi (salvando vite).

Con una grande operazione di trasparenza attireremmo l’attenzione della comunità scientifica internazionale, avremmo i migliori cervelli del pianeta al lavoro per noi. Gratis, perché il loro vantaggio deriverebbe dalla successiva pubblicazione di articoli accademici basati sui dati italiani.

Potremmo anche valutare se quello che ha fatto il governo in questi mesi è corretto, ma questo è l’ultimo dei problemi ora perché la priorità è fermare il virus con meno danni possibile. Ma ci mancano i dati sulle scuole, quelli sulle terapie intensive, perfino quelli sui decessi.

Non ci sono ragioni per tenere segrete queste informazioni, se non il timore di essere giudicati dai cittadini e, prima di loro, dalla comunità scientifica. Ma la scelta della segretezza implica già un inevitabile giudizio negativo e senza appello.

Il governo ha dimostrato di non avere le competenze o la volontà politica per gestire da solo queste analisi, come dimostra il flop di Immuni, la app che non è riuscita a tracciare i contagi.

Presidente Conte, ministri, presidenti di regione: scegliete la trasparenza e lasciate lavorare chi ha le competenze e l’indipendenza per farlo, per il bene del paese. Non c’è più tempo da perdere.

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