Siamo rimasti ad Alberto Arbasino: non si va mai oltre Chiasso. Se ci affacciassimo Oltralpe ci renderemmo conto che i provvedimenti presi dai vari governi si assomigliano come gocce d’acqua, a incominciare dalle limitazioni per gli incontri natalizi che seguono grosso modo la cosiddetta regola dei sei commensali.

Inoltre, come successo da noi, le norme sono state cambiate più volte sulla base dell’evoluzione della curva pandemica (si veda l’improvvisa e per certi aspetti drammatica svolta in Gran Bretagna dell’altro ieri); i territori sono divisi in aree diverse in base alla diffusone del virus. In Gran Bretagna usano proprio i nostri stessi tre colori; e i conflitti tra governo centrale e  poteri locali sono all’ordine del giorno ovunque, tanto che anche l’idolatrata Angela Merkel dovette litigare per giorni con i presidenti dei Lander, che pure sono dello stesso colore politico del suo governo, per avviare le restrizioni di novembre.

Infine, è utile ricordarlo sempre, in nessun paese la sanità è stata così trascurata per interi lustri, fino alla soppressione del ministero della Salute durante il governo Berlusconi.  

Poi, bacchettare l’esecutivo va sempre bene perché la critica più forte va indirizzata in primis verso chi è al potere. E’ così che lo si tiene sulla corda, obbligandolo a render contro continuamente delle sue scelte  Altrimenti si rischia di cadere nella piaggeria, se non peggio.

Quindi, va deplorata la confusione che si crea con le indiscrezioni fatte filtrare da qualche politico o dirigente ministeriale in cerca di rapporti privilegiati con i media. Questa pessima pratica crea disorientamento nell’opinione pubblica , oltre ad aumentare uno stato d’ansia di cui non si sente proprio bisogno. E non si sente nemmeno bisogno di una crisi politica.

LaPresse

Verso la fase 3

Se veramente rischiamo di piombare in un'altra bufera pandemica con le allarmanti notizie che vengono dalla Gran Bretagna non c’è nulla di più irresponsabile che lasciar il paese senza governo anche per un solo giorno. Eppure Matteo Renzi continua a martellare sul presidente del Consiglio.

Si ha l’impressione che il fiorentino sia sfuggito di mano al segretario del Pd Nicola Zingaretti e che una volta liberato da ogni remora voglia andare fino in fondo per abbattere Conte, costi quel che costi.  Renzi, da vero guascone, ama le sfide, anche quelle impossibili. Così ora rischia di fare il bis del referendum 2016.

Non gli è chiaro che il Pd non accetterebbe mai altre soluzioni come la sostituzione di Conte con Luigi Di Maio - unica scelta digeribile per i 5 Stelle -  così come, scivolando un po’ di più verso la fantapolitica, l’ingresso a Palazzo Chigi di Zingaretti sarebbe rifiutato in massa dai pentastellati.

Poi, per chiudere il cerchio della fantapolitica, l’invocazione corale, continua e alla fine stucchevole del novello salvator mundi, Mario Draghi, non fa i conti con i voleri dell’interessato (sempre che anche qui i 5Stelle accettino un governo tecnico, pura espressione dei poteri forti europei….).

Il tesoretto della popolarità

Per scendere nella Realpolitik non rimane altro che un accordicchio qualsiasi per dare un contentino a Renzi, in modo che se ne stia buono un altro po’. Anche perché la prima opzione del presidente Mattarella, fatta filtrare già tante volte, è il voto. Una evenienza, questa, che il Pd sostiene tranquillamente visto che sarebbe l’unico dell’ attuale maggioranza a beneficarne.  E forse non dispiace nemmeno a Conte, considerando che gode di una popolarità invidiata dagli altri colleghi europei.

Mentre il presidente del consiglio viaggia verso il 60 per cento dei consensi,  Sanchez è al 27 per cento (CIS), Emmanuel Macron al 38 per cento (Ipsos), Boris Johnson al 40 per cento (YouGov), e solo Angela Merkel lo distanzia con uno stellare 74 per cento (Deutschlandtrend).  

Con questo tesoretto personale potrebbe anche tentare la via delle elezioni , o come frontman del Movimento Cinque stelle (se i vari Di Maio fossero così intelligenti da accettarlo e aspettare un giro), oppure, in caso di rottura, con una sua lista (e sarebbero guai per tutti, a incominciare dai pentastellati).  

Anche l’operato dell’esecutivo nella gestione della pandemia è apprezzato dagli italiani : secondo un sondaggio YouGov su dieci paesi europei, solo gli svizzeri danno un giudizio migliore rispetto a quello assegnato all’azione del nostro governo.

Rispetto a questo capitale di consenso, cosa può contrapporre Renzi che ha la peggiore considerazione presso l’opinione pubblica con appena un 13 per cento di valutazioni positive, inferiore persino all’ottimo Vito Crimi, il capo reggente dei Cinque stelle?  Ben poco, se non appoggiato dagli altri partiti della maggioranza.

Perciò, una volta esaurita la sua funzione di messaggero, tocca a Pd e Cinque stelle verificare se Conte ha compreso che non può agire in splendida solitudine, facendo calare improvvisamente sul tavolo, in preda ad un raptus di hybris tecnocratica, il piano del Recovery Fund.

Per quanto siano necessarie strutture ad hoc per realizzare i progetti, che non possono essere gestiti dall’amministrazione ordinaria né lasciti in ostaggio di ricorsi e controricorsi, queste devono discendere da una azione comune e condivisa. E’ su questo che si gioca la continuità della legislatura.  

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