Il 9 novembre scorso, quaranta celerini hanno sfondato l’ingresso di quattro appartamenti studenteschi a Padova, in via delle Melette. Dieci persone buttate in strada; una ragazza ha dovuto mettere dei punti sul viso.

Sempre a Padova, martedì 31 gennaio: perquisiti ventidue appartamenti studenteschi, sequestrati telefoni e computer personali.

È solo un esempio di quella che è, a tutti gli effetti, un’escalation di sfratti in tutta Italia: a Bologna, Torino, Pavia, Brescia, Roma, Pisa, solo per citare i più recenti.

La dichiarazione del ministro degli Interni Matteo Piantedosi sarebbe simpatica se non fosse drammatica: «Bisogna evitare che immobili occupati abusivamente possano diventare luoghi per organizzare azioni di contestazione violenta». 

Intanto, pochi giorni fa (il 13 febbraio), a ridosso di una manifestazione per Alfredo Cospito, il deputato di FdI Riccardo De Corato annuncia di voler portare in parlamento una “proposta di legge per l’introduzione del reato di «terrorismo di piazza». Lo scopo? «Contrastare proteste che diventano una vera e propria forma di terrorismo».

Mettiamoci poi il decreto anti-rave, le minacce di morte a Meloni da parte di sedicenti gruppi brigatisti, le ossessive perquisizioni nei centri sociali in tutta Italia, l’indagine per apologia di terrorismo ai danni del gruppo musicale torinese P38, accusato di istigazione alla lotta armata.

Anarchici, brigatisti, terrorismo di piazza: sembra un grande revival degli anni Settanta. Un grottesco reality sugli anni di piombo.

Si sa, la narrazione è tutto. Il governo prova a raccontare un paese destabilizzato, pieno di militanti rossi che sparano per strada e di tossici che si bucano ascoltando Lory D, tutti pronti a minacciare la tranquillità del buon borghese.

A questi nemici (immaginari) lo Stato risponde con forza, sbandierando la grande parola d’ordine di quella stagione: fermezza.

Di reale, ovviamente, non c’è quasi niente: gli anni di piombo non sono mai stati più lontani. È tutto teatro.

La regola è quella solita di cui parla Noam Chomsky: crea un problema fittizio e poni te stesso come la soluzione.

Il governo Meloni prova a fare con gli estremisti quello che a suo tempo Salvini fece con gli immigrati, solo con meno efficacia e minor senso del ridicolo: inventare un’emergenza e porsi come antidoto.

Del resto una campagna repressiva così sproporzionata mostra chiaramente a chi questo governo si rivolga, a chi vuole dar soddisfazione: titilla quella generazione - anziana, votante e numerosa - che negli anni Settanta c’era, e stava dalla “parte giusta”; quelli che all’arcaico grido di “‘dagli al comunista” provano ancora un certo piacere.

Alla parte più senescente e rancorosa di quella generazione, il governo dice: lavoriamo per voi.

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