L’Italia si avvia a conoscere il suo “momento Trump” con le istituzioni che saranno sottoposte a uno stress esistenziale dal quale, lo abbiamo visto negli Stati Uniti, potranno uscire soltanto più deboli, non certo temprate dalla prova.

La campagna elettorale si è appena aperta, e c’è ancora una remota possibilità che l’indecifrabile schieramento avverso alle destre faccia l’unica cosa sensata: elabori in tempi record una proposta politica chiara, radicale, che affronti i problemi del paese invece che gli equilibri di corrente.

Comunque, a due mesi esatti dal voto, la destra è di gran lunga favorita. Sul New York Times, l’economista premio Nobel Paul Krugman si è chiesto «in cosa l’Italia è diversa da noi», dove “noi” sono gli americani, ma anche i lettori benpensanti e razionali del New York Times, quelli che non hanno visto arrivare la vittoria di Donald Trump nel 2016 e ora non credono davvero al rischio del bis nel 2024.

Krugman passa in rassegna tutte le colpe che di solito vengono ascritte all’Italia: bassa crescita, ma quando un problema dura da vent’anni inizia a sembrare una caratteristica strutturale del paese, più che una contingenza con un qualche potere predittivo degli eventi politici; Covid? L’Italia ha un tasso di vaccinati superiore a quello degli Stati Uniti dove pure il vaccino è stato sviluppato; Redditi stagnanti? Certo, ma in Italia l’aspettativa di vita alla nascita continua lentamente a crescere mentre gli Stati Uniti per mille ragioni (disuguaglianze, epidemia di oppioidi, inquinamento) scende in modo preoccupante.

Anche la tradizionale certezza che l’Italia sia un paese di irresponsabili dal punto di vista fiscale non è più tale: il saldo primario, cioè le entrate meno le spese (prima di aggiungere al conto gli interessi sul debito) è stato positivo (intorno al due per cento del Pil) per un decennio o quasi, prima del Covid, e comunque sempre migliore di quello dell’area euro e di quello degli Stati Uniti (che nella pandemia è passato da un deficit primario del 4 per cento a oltre il 12 per cento).

Il vero problema dell’Italia

E dunque perché all’improvviso intorno all’Italia c’è questa sensazione che le cose possano andare soltanto male o malissimo? Lo spread, cioè il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e tedeschi a 10 anni, sta intorno ai 240 punti, un livello analogo a quello dello scoppio della pandemia e poco sotto i picchi toccati nella prima fase convulsa del governo gialloverde a giugno 2018, quando gli investitori vedevano formarsi una coalizione tra due partiti allora anti-euro e filorussi (Cinque stelle e Lega).

Krugman arriva a questa sintesi: «La crisi italiana ha molto poco a che fare con l’irresponsabilità fiscale o una generale incompetenza, è tutta dovuta all’ascesa di forze anti-democratiche, un fenomeno analogo a quello osservabile in tutto l’Occidente».

In un altro editoriale sul New York Times, l’esperto di populismo David Broder, ha scritto a questo proposito: «Il futuro è l’Italia, ed è triste», con una foto di Giorgia Meloni a illustrare l’articolo.

Abbiamo già visto le conseguenze economiche del trumpismo, poi oscurate dall’assalto finale a Capitol Hill che ha trasformato una presidenza disastrosa in un accenno di guerra civile. Le ricette di Trump e dei suoi consiglieri ricordano da vicino quelle di Lega e Fratelli d’Italia: nel migliore dei casi non funzionano, nel peggiore fanno disastri.

 Trump non ha ottenuto risultati con la messa al bando dei musulmani, con la guerra commerciale con la Cina, con la negazione iniziale del Covid. E ha fatto disastri su altri fronti, con l’indebolimento degli standard ambientali, con un protezionismo privo di logica economica, con tagli di tasse alle imprese che hanno peggiorato le spinte verso la disuguaglianza.

Niente di quello che le destre italiane vagheggiano può favorire una crescita economica inclusiva e sostenibile.

Viene perfino da rimpiangere i tempi in cui Silvio Berlusconi proponeva una “rivoluzione liberale”: un governo liberale e liberista, anche convintamente di destra, sarebbe di gran lunga preferibile a questo assalto concentrico di Lega e Fratelli d’Italia, con la prima tornata nella modalità nordista e prepara il sacco della capitale mentre, in maniera speculare, il partito di Giorgia Meloni promette assistenzialismo selettivo (esclusi migranti e ogni altra minoranza sgradita).

Si è visto negli Stati Uniti che si comincia con le promesse elettorali spericolate e si finisce con l’assalto al parlamento. Noi, però, siamo ancora in tempo a evitarlo.

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