La Bce si incarica di prolungare il Whatever it takes di Mario Draghi che, ironia della sorte, nello stesso giorno ha dovuto lasciare il governo italiano in seguito ad una crisi politica di stampo lunare, difficile da capire (oltre che da condividere).

L’aumento del tasso di interesse di mezzo punto percentuale era ormai atteso e scontato dai mercati.

L’attesa principale era rivolta all’annunciato meccanismo volto a impedire la frammentazione dei mercati.

Ossia lo strumento anti-spread che la presidente della Bce Christine Lagarde aveva anticipato nella riunione precedente e che aveva destato curiosità, speranze e scetticismo in vari commenti.

Ora il meccanismo, chiamato Transmission Protection Instrument (Tpi), è stato approvato e, secondo la definizione del comunicato della Banca centrale europea, rappresenta «uno strumento attivabile per contrastare ingiustificate, disordinate dinamiche di mercato che mettano a repentaglio la trasmissione della politica monetaria a tutta l’area dell’euro».

Ma, cosa più importante, il meccanismo prevede acquisti di titoli sotto pressione «non soggetti a restrizioni ex ante».

È il Whatever it takes che dice ai mercati di non sfidare la Bce perché non ci saranno limiti agli interventi.

Con una simile impostazione, a regime non dovrebbero neppure esserci molti interventi, dato che difficilmente i mercati si metteranno a sfidare una Banca centrale che afferma di poter intervenire senza limiti.

La risposta della Bce è corretta perché lo spread che si determina quando si modificano i tassi di interesse rischia di accentuare la politica restrittiva in alcuni paesi e attenuarla in altri, con risultati indesiderati e controproducenti in tutti i paesi.

Il Tpi non è stato elaborato per l’Italia, come alcuni ritengono, anche se, ovviamente, ci può favorire.

Tutto bene, dunque, anche per il nostro paese? Attenzione, nessun pasto è gratis.

L’attivazione del Tpi sarà a discrezione della Bce, ma sulla base di quattro criteri di eleggibilità che comprendono: 1) l’adesione alle raccomandazioni della Commissione, 2) l’assenza di procedure per squilibri eccessivi, 3) la sostenibilità del debito pubblico, 4) l’aderenza alle politiche del Pnrr.

Criteri di eleggibilità e momenti degli interventi saranno fatti discrezionalmente dalla Bce e questo per evitare tempi lunghi e tensioni sui mercati. 

È quasi un programma per il prossimo governo, se vorrà evitare di veder crescere il costo del denaro a livelli insopportabili.

Un programma che il governo Draghi aveva fatto suo e che dovrà essere portato avanti da qualunque altro governo, se vogliamo restare nell’euro e beneficiare dei fondi del piano Next Generation Eu.

E questo può in parte ridurre i rischi a cui va incontro in nostro paese con questa crisi politica lunare.

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