La Seconda Repubblica nacque dalla spinta del berlusconismo e del leghismo di Umberto Bossi che portarono in politica la voce delle piccole imprese e delle partite Iva sempre ignorate nella Prima Repubblica della grande industria privata e di Stato, la Fiat e l'Iri. Lo ha detto una delle poche teste pensanti della Lega, il capogruppo Riccardo Molinari, durante la commemorazione di Berlusconi nell'aula della Camera: il cuore ideologico del centrodestra è stato l'asse del Nord, il «forzaleghismo», lo definiva Edmondo Berselli, un partito unico, con un pensiero unico e una comune rappresentanza.

L'asse si è infranto da tempo, senza Berlusconi sparisce. Al suo posto c’è uno strano Partito Romano. Lo dimostrano gli uomini della nuova e vecchia Forza Italia: Antonio Tajani, il capogruppo alla Camera Paolo Barelli, soprattutto il solo erede del berlusconismo, il dottor Gianni Letta, che cominciò come accompagnatore del Cavaliere nei palazzi romani. L'uomo di Arcore diffidava di Roma, ne aveva il terrore, come il Nerone dei (demo)cristiani che nell'apposita barzelletta divoravano anche i leoni, ma ne aveva bisogno. Letta faceva da interprete, era l'ambasciatore con mondi estranei, i partiti, il Quirinale, il Vaticano.

Oggi Forza Italia è il partito dei ministeri, con la loro atavica inerzia. Una bimillenaria indifferenza scorre sul volto impassibile di Barelli, se gli entrasse in casa un Prigozhin in armi sarebbe capace di dire «embè?», Lollobrigida impiegherà decenni per eguagliarlo. Ma anche la Lega Nord per l'indipendenza della Padania è stata sostituita dalla Lega per Salvini premier. Un partito personale per portare il leader al vertice dello Stato che si voleva abbattere.

Romanizzati

Roma padrona. Roma ha vinto, i barbari sono interamente romanizzati. Salvini è il più romano dei leader. Superato soltanto dalla premier Giorgia Meloni con il suo partito, una leadership tutta nata e cresciuta nei quartieri romani, tra Colle Oppio, Garbatella, Prati, Balduina, dove si concentra la Ditta del Msi-An-Fdi.

Storace, Gasparri, Alemanno, e poi lo scomparso e rimpianto Augello, Rampelli, Lollobrigida. Il pubblico impiego, gli enti di nomina partitica, gli apparati, il corporativismo che richiede la protezione dello Stato, ovvero della politica che occupa la società. Il presidenzialismo, qualunque cosa voglia dire, centralizza il potere. L'autonomia differenziata è una concessione all'antico leghismo, un colpo di coda, certo distruttivo dell'unità nazionale.

Il centrodestra nel paese vince con una visione ideologica o mediatica, non più con un blocco sociale e territoriale. La lotta è per occupare il centro: non solo politico, ma toponomastico, la trilaterale che racchiude Palazzo Chigi, Montecitorio e Palazzo Madama, trent'anni di giri a vuoto riportano lì.

Per questo sarà feroce la competizione tra i Fratelli d'Italia e la Lega di Salvini, le convulsioni di questi giorni sul Mes e sul caso Santanché sono le note iniziali. Resta un Paese che non ha una rappresentanza. E uno spazio per chi saprà occupare questo deserto: perfino il centrosinistra, che in quel triangolo del potere è intanto quasi sparito.

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