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Il problema di Conte non è la cabina di regia per il Recovery Fund, ma il rapporto coi partiti

  • Conte è entrato a palazzo Chigi come mediatore e notaio, a seguito di circostanze inattese, di una solida intesa con il Quirinale e in virtù di una notevole capacità di navigazione, si è ritrovato tra le mani un enorme potere di agenda e un notevole credito presso l’opinione pubblica.
  • Da un lato il premier ha potenzialmente grandi margini di manovra che eccedono il suo peso politico, non essendo un leader di partito.
  • Dall’altro, ci sono leader di partito che per varie ragioni hanno deciso di restare fuori dal Consiglio dei ministri, cioè dalla sede istituzionale deputata a prendere le decisioni collegiali di governo.

Quindi, ci sarà una “verifica”. Giuseppe Conte ha ricevuto il messaggio. Seguendo il suo ormai noto atteggiamento, prende atto di avere sottovalutato la sensibilità degli azionisti e procede secondo un antico manuale della politica di coalizione. Ma facciamo un passo indietro. Nei giorni scorsi sono state dette due cose fattualmente non vere, che non c’entrano con le tensioni nella maggioranza, le quali dipendono invece da due opposte anomalie dell’attuale governo. Apparentemente, tutto è inizia

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