Il taglio del cuneo fiscale, come richiesto da Confindustria e sostenuto dal Pd di Enrico Letta, può sostenere i redditi dei lavoratori falcidiati dall’inflazione, senza nuocere alla competitività delle imprese e senza rilanciare la spirale prezzi salari. Ma con alcune precisazioni e un’implicazione forte.

Una prima precisazione riguarda la definizione di cuneo fiscale, ossia le tasse e non i contributi previdenziali che sono un risparmio forzoso del lavoratore e servono a pagare le pensioni.

Se si procedesse a fiscalizzare anche i contributi previdenziali, annulleremmo la riforma delle pensioni che si basa sul sistema contributivo.

Certo, potemmo anche immaginare di fiscalizzare tutto il sistema pensionistico, ma questo presupporrebbe una riforma generale del fisco e del sistema previdenziale. Occorre includere anche le pensioni e definire fino a quale reddito procedere alla riduzione del cuneo: non sarà possibile estenderlo a tutti i redditi e non sarebbe neppure giusto.

L’inflazione attuale è sostenuta dal rincaro dell’energia fossile e l’aumento del prezzo deve incidere sui redditi più elevati per generare la necessaria reazione al risparmio delle fonti fossili. Inoltre è opportuno che la manovra avvenga senza scostamenti di bilancio per non generare nuovo debito.

Infine un eventuale riduzione del cuneo fiscale deve accompagnarsi con un qualche impegno verificabile da parte delle imprese a non aumentare i prezzi al di là del riporto automatico del rincaro dei costi di produzione.

L’implicazione forte riguarda invece la riforma fiscale adombrata dal parlamento: la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro è incompatibile con la riforma fiscale approvata dalla Camera. Questa riforma congela e irrigidisce il sistema fiscale impedendo di fare compensazioni e genera in prospettiva cadute di gettito.

Infatti, il disegno di delega della riforma fiscale approvato alla Camera dopo i lavori della Commissione, perpetua e allarga la flat-tax sui lavoratori autonomi, esclude qualsiasi modifica d’imposizione sulle abitazioni, mantiene tutte le cedolari secche sulle rendite, non prevede rimodulazione dell’Iva.

Se si vuole ridurre il cuneo fiscale sui redditi medio bassi da lavoro, occorre ripristinare la tassazione sui redditi degli autonomi, che potranno godere dello stesso regime dei lavoratori dipendenti (ossia la riduzione del cuneo fiscale), rimodulare l’Iva anche per ridurre la forte elusione derivante dalle numerosi aliquote in vigore e avviare una normale tassazione delle rendite, a cominciare dalle abitazioni come in tutti i paesi civili.

Solo così sarà possibile compensare tutto o gran parte della riduzione del cuneo fiscale senza aumenti del debito pubblico che finirebbero per vanificare i vantaggi della riduzione del cuneo fiscale. governo, Confindustria e Pd saranno in grado di seguire questa strada? Altrimenti è meglio non farne niente.

© Riproduzione riservata