Le elezioni francesi si sono di nuovo focalizzate sulla scontro tra Emmanuel Macron, questa volta presidente uscente, e Marine Le Pen coriacea rappresentante di una estrema destra in costante evoluzione ( e crescita).

Il confronto televisivo del 20 aprile è stato anche questa volta nettamente vinto da Emmanuel Macron che ha inchiodato la rivale sulla sua scarsa dimestichezza dei problemi economici contestando cifra su cifra, e sommergendola di argomentazioni inoppugnabili. Questo a livello razionale.

Ma, come insegnano gli esperti di comunicazione, in questi dibattiti il messaggio non passa tanto dalle parole quanto dalla comunicazione non-verbale. E il presidente, dopo un inizio quasi umile, a voce e occhi bassi, ha finito per cedere alla sua natura da primo della classe stritolando l’avversario con toni a volte arroganti, al limite dello scherno.

Per molti elettori attenti agli elementi non-verbali del confronto, soprattutto le persone con un livello educativo culturale meno elevato, questo atteggiamento ha giocato contro il presidente.

Non per nulla Marine Le Pen negli ultimi comizi schizzava veleno di rabbia contro Macron che “mi ha trattato con la protervia con cui tratta tutti voi “. Un argomento retorico di una certa efficacia.

Al di là dell’effetto di breve periodo che il confronto televisivo può produrre , vi sono però alcuni elementi strutturali della società francese  che incidono sulle elezioni francese.

Una  sintesi delle fratture che attraversano l’elettorato francese e che lo strutturano nei due poli macroniani e lepenisti è stata elaborata da Jérôme Fourquet per la Fondazione Jean Jaurés.  La prima linea di faglia dell’elettorato riguarda, inevitabilmente, la struttura occupazionale e il livello educativo. 

La spaccatura

Qui non ci sono dubbi: Macron è sostenuto dalla Francia benestante  e altamente istruita, mentre all’opposto, chi sta al fondo della scala sociale e ha una istruzione limitata, sostiene Le Pen.

Le cifre sono eclatanti. Le Pen riceve il consenso del 35-33 per cento di operai e impegnati a bassa qualificazione laddove Macron solo il 17-18 per cento; mentre l’inverso si registra tra i quadri superiori e le professioni intellettuali: 34 per cento a 14 per cento a favore del presidente.

Ancora più ampia la forbice se si guarda alla qualità soggettiva del lavoro per cui chi lo considera “molto disagiato”  sostiene la candidata frontista al 37 per cento contro il 13 per cento per il presidente.

Questa divaricazione si associa a quella educativa. Chi non ha il diploma di scuola superiore (il Bac) preferisce Le Pen (36 a 23 per cento) mentre chi ha un titolo universitario (laurea breve o magistrale) o post universitario sceglie Macron (36 per cento  a 11).

Quello dell’istruzione rappresenta un tetto di cristallo per l’estrema destra lepenista perché nel corso degli anni i Le Pen, padre e figlia, non sono mai riusciti ad avanzare tra le persone con alti livelli di istruzione.

Questo però costituisce anche un grande handicap di Macron perché crea un stato di frustrazione e malessere molto vasto  e profondo nella società francese.

L’età della frustrazione

In Francia, con un moto molto più accelerato rispetto all’Italia, l’istruzione superiore è esplosa dagli anni Ottanta in poi. Mentre nel 1985 solo il 30 per cento aveva il Bac (la maturità), ora sono l’80 per cento. Ma allora con il Bac, e ancor più con la laurea  universitaria, il lavoro era assicurato e quasi sempre soddisfacente e con prospettive.

Anche chi arriva a quel livello non trova che lavori poco qualificati, spesso temporanei e di pochissima soddisfazione. Non per nulla coloro che dichiarano di svolgere un lavoro “penible” (faticoso, umiliante, senza soddisfazione) votano massicciamente per la candidata del Rn. E lo stesso fanno coloro che pensano di vivere in una condizione personale peggiore rispetto a quella dei propri genitori.

Naviga quindi nella società francese una massa di persone frustrate in quanto, nonostante gli studi fatti, non hanno ottenuto quanto si aspettavano.

Senza sinistra

Proprio questa stessa componente giovanile, istruita e senza un lavoro decente, ha alimentato, soprattutto nel 2013, il M5s.  Questo serbatoio di frustrati è destinato a salire se non cambia la distribuzione delle risorse e non si riduce la diseguaglianza.

Questa volta il voto delle grandi città (Macron ottiene il  35 per cento contro 5 (!) a Parigi, il  32 per cento contro 9 a Lyon ,e il 33 per cento contro 9 a Bordeaux ),  fermerà l’onda nera in Francia, ma in Italia ,l’insoddisfazione per le condizioni di vita, dopo aver alimentato i pentastellati, si riverserà  sulla estrema destra di Fratelli d’Italia e della Lega. Se la sinistra continua a latitare.

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