Da qualche tempo, anche a livello dei messaggi pubblicitari, le pale eoliche vengono imposte all’immaginario collettivo come le icone indiscutibili della salvezza del pianeta. Molti però contestano con violenza questa identificazione. Da che parte sta la ragione? Non è facile dare una risposta netta in un senso o nell’altro. Se la meta è quella di contrastare il riscaldamento globale, i dubbi sono più che leciti.

Nell’atmosfera vengono riversati ogni anno quasi quaranta miliardi di tonnellate di Co2. Di quei quaranta miliardi l’Europa è responsabile solo del 9 per cento. L’Italia contribuisce con un suo striminzito 0,8 per cento. La conclusione è semplice: qui da noi il ricorso alle pale eoliche, per quanto invasivo possa essere, non sposterà nemmeno di un palmo i termini del drammatico problema dell’effetto serra mondiale. E nel contempo causerà danni irreparabili ai nostri paesaggi identitari.

Attenzione al contesto

Se la casa sta bruciando – si obietta – non c’è tempo da perdere e qualcosa bisogna pur tentare di fare, anche a scapito di altri importanti valori culturali. Sarei d’accordo se si aggiungesse: “qualcosa di utile”. In realtà il ricorso all’energia dal vento in Italia è utile soltanto per quel che concerne il suo valore esemplare. Suggerisce al resto del mondo un percorso virtuoso. Proposito tutt’altro che disprezzabile, ma solo se non si vuole tener conto del contesto. Ed è proprio il contesto a metterci in guardia. Il prof. Mark Jacobson della Stanford University, riconosciuto esperto mondiale di energie rinnovabili, ha dichiarato un anno fa che l’Italia, per raggiungere il 20 per cento di energia elettrica da fonti eoliche, dovrà adattarsi a riempire di aerogeneratori (alti più di 200 metri), una superficie pari all’intera regione Friuli-Venezia Giulia. Per immaginarsi l’effetto finale basta snocciolare queste decine di migliaia di “ecomostri” lungo tutto l’arco delle elevazioni appenniniche.

Per dare il buon esempio dovremo insomma accettare lo stravolgimento della maggior parte dei paesaggi italiani? Alcune associazioni ambientaliste hanno trovato una stravagante via d’uscita cercando di convincere l’opinione pubblica che le torri eoliche abbelliscono il paesaggio, aggiungendovi una pennellata di modernità. Non mi sembra che per ora ci siano riuscite. Basti pensare alle decine di comitati spontanei comparsi lungo l’arco della penisola per contrastare la realizzazione di impianti eolici nelle singole realtà territoriali.

Non mi scandalizza pensare che qualcuno possa giudicare un singolo aerogeneratore un interessante esempio di design industriale. Magari anche due. O addirittura tre, in prospettiva. Ma qui stiamo parlando di migliaia e migliaia di giganteschi manufatti identici e ugualmente aggressivi. Di fronte a una simile quantità trovo che abbia poco senso discettare sulla qualità estetica. Anche la più sublime opera d’arte, se fosse ripetuta per un numero quasi infinito di volte, si trasformerebbe in un’omologazione inaccettabile, a senso unico, degli ambienti che invaderebbe.

So per certo che neppure le associazioni ambientaliste accusate di essere “eolico scettiche”, come Italia Nostra, la Lipu, Mountain Wilderness, Amici della Terra e così via sono contrarie per principio all’energia dal vento. Ma reputano opportuno ridimensionarne l’efficacia, che sarà sempre marginale, incanalando la proliferazione delle torri entro argini rigorosi.

Essenziale a tale riguardo resta il ruolo di controllo della Soprintendenze, contro le quali – non a caso – si scagliano gli adoratori del feticcio eolico. Sarebbe probabilmente più saggio concentrare gli sforzi dell’intera comunità internazionale nella ricerca di strumenti davvero adeguati alla mitigazione dell’effetto serra planetario. Strumenti “sequestratori di Co2” che non appartengono a orizzonti utopistici ma esistono già in fase sperimentale. Invece l’Unione europea ha sposato il massiccio ricorso alle energie rinnovabili dal vento e dal sole e per l’immediato non si può far finta che il percorso non sia questo. Nel bene e nel male.

Mettiamoci dunque una buona volta intorno a un tavolo per decidere tutti insieme dove le pale eoliche possono essere installate senza irrimediabili offese al paesaggio naturale, artistico, storico, turistico e dove invece non dovranno venire innalzate né ora né mai.

 

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