Come prevedibile, molti lettori hanno reagito male (parecchi anche bene) al mio pezzo in cui spiegavo che lo scandalo Juventus ha proporzioni tali da legittimare non soltanto un boicottaggio della squadra, ma dell’intera Serie A che risulta completamente falsata dalle alchimie contabili dei manager dimissionari.

Se il calcio italiano fosse uno sport serio, la Juventus dovrebbe vedersi revocare almeno lo scudetto 2018/2019, quando ha giocato il campionato con un bilancio con patrimonio netto negativo (passività superiori alle attività), anche se i conti dichiarati non lo rivelavano.

Prima di entrare nel merito, vorrei chiarire due questioni di metodo. Primo: non sono un magistrato, la valutazione della rilevanza penale dei comportamenti finanziari ricostruiti dalle indagini spetta ai giudici.

Le indagini però chiariscono molti aspetti che erano già sotto gli occhi di tutti – plusvalenze, scambi di giocatori, operazioni assurde – e sappiamo come e perché i dirigenti della Juventus le hanno organizzate, grazie a documenti e intercettazioni acquisite dagli investigatori e dai pm.

Abbiamo quindi tutto il diritto di farci un’opinione su quello che è successo e sulle responsabilità morali, sportive, aziendali. Su quelle penali, invece, conta soltanto l’opinione dei giudici.

Seconda premessa: una competizione onesta dovrebbe essere nell’interesse di tutti, anche dei tifosi juventini. Invece, dalle carte dell’inchiesta della procura di Torino emerge come molti delle presunte avversarie della Juventus siano in realtà delle succursali contabili del team Elkann-Agnelli.

E quanto è credibile un campionato in cui la Juventus decide, di fatto, la propria rosa ma anche quella di molti dei suoi competitor?

Vomitare 

Terza premessa: fanno tutti così, le plusvalenze gonfiano qualunque bilancio delle squadre di serie A. Vero, ma qui lascio la risposta ai pm che, nell’avviso di conclusione indagini, fanno questa doverosa precisazione: «Le plusvalenze (intese come differenza tra il valore netto contabile e il valore di dismissione, cioè di vendita del calciatore) non sono ovviamente illecite in sé, anzi costituiscono, in ottica fisiologica, la ricompensa per la crescita del calciatore e l’opportunità di conseguire un ricavo monetario».

Nel caso della Juventus, però, «le plusvalenze sono pianificate ab initio nel loro ammontare complessivo» e sono quindi «plusvalenze obbligate»: in pratica prima si vede quanti milioni mancano per raggiungere un obiettivo di bilancio desiderato, che nasconda parte delle perdite, e poi si costruiscono a tavolino con le società disponibili a farlo operazioni fittizie che fanno tornare i numeri, ma che prescindono dal reale valore del calciatore oggetto degli accordi.

Il 22 luglio 2021, in una conversazione intercettata, il direttore sportivo della Juventus dice a Stefano Bertola, il capo della finanza della Juve: «Io ti giuro che c’ho avuto delle sere che tornavo a casa e mi veniva da vomitare solo a pensarci».

Parla delle plusvalenze che non sono fatte muovendo soldi veri, ma soltanto valutazioni contabili, che sono «tutte da costruire», invece che maturare dall’incrocio tra la domanda e l’offerta, cioè tra chi vuole un certo calciatore e chi lo può vendere.

La Juventus e altre squadre si scambiano calciatori e, ne farlo, registrano a bilancio valutazioni mirabolanti, a cui non corrisponde alcun flusso di denaro.

Chi è Pellegrini?

Betis' Aitor Ruibal, left, vies for the ball with Roma's Leonardo Spinazzola during a Group C Europa League soccer match between Betis and Roma at the Benito Villamarin stadium in Seville, Spain, Thursday, Oct. 13, 2022. (AP Photo/Jose Breton)

L’esempio è l’operazione Spinazzola-Pellegrini. La Juventus vende alla Roma Leonardo Spinazzola per 29,5 milioni il 30 giugno, e le cede in cambio un certo Luca Pellegrini. Spinazzola, per quanto fragile, è un difensore di livello, gioca in nazionale. Luca Pellegrini nessuno sa chi sia (oggi è in prestito all’Eintracht di Francoforte).

Nella contabilità di mercato interna della Juve, Spinazzola è registrato con un valore reale di 7,5 milioni e un valore di scambio di 22 milioni. Luca Pellegrini, in modo speculare, ha un valore reale pari a zero e un valore di scambio di 22 milioni.

Quindi la Juventus ha ceduto un giocatore che vale 7,5 milioni, ma dal bilancio sembra aver fatto un grande affare, perché sembra averlo ceduto per 29,5 milioni. Ma in realtà lo ha ceduto a 7,5 più un calciatore che ha un valore reale pari a zero ma che nello scambio viene valorizzato 22 milioni. E il gioco è fatto.

Scrive la procura: “L’ordinamento non può tollerare che due società private, indebitate, mettendosi d’accordo, possano incrementare artificialmente il valore dei beni scambiati, portando così in bilancio un ricavo immediato, tale da ingannare i destinatari delle comunicazioni sociali”.

Secondo i conti della procura, queste comunicazioni sociali ingannevoli hanno alterato in maniera rilevante la percezione della solidità dei conti della Juventus: i bilanci andrebbero rivisti per 440 milioni di euro in tre anni, con la conseguenza di avere un patrimonio negativo sia nel 2018/2019 (-13,4 milioni) sia nel 2020/2021 (175.787 milioni).

Con i bilanci veri, la Juventus avrebbe probabilmente dovuto lanciare altri aumenti di capitale e la stessa iscrizione alla serie A sarebbe stata a rischio.

Secondo i pm, la Juventus «non avrebbe potuto operare” visto il patrimonio netto negativo nel 2019 “né essere quotata in Borsa».

In aggiunta a tutto questo c’è il capitolo stipendi, minore per entità ma analogo per gravità, cioè decine di milioni di costi occultati perché la società prendeva impegni a pagare i propri calciatori con scritture private custodite in appositi studi professionali ma occultate agli investitori, perché escluse dal bilancio dell’azienda.

Fin qui i danneggiati sono i soci della Juventus, che è quotata in Borsa, e i suoi creditori: i soci perché hanno versato milioni, con gli aumenti di capitale, in una azienda più fragile di quello che credevano, e i creditori perché hanno ottenuto interessi sottostimati rispetto al rischio reale del loro prestito.

Ma sono stati danneggiati anche tifosi, soci e creditori di tutte le altre squadre del campionato, perché le operazioni “a specchio” sui calciatori per generare le plusvalenze necessarie ai bilanci juventini hanno distorto la struttura del campionato.

Il caso Locatelli

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Lo dimostra bene il caso di Manuel Locatelli, centrocampista di talento passato dal Sassuolo alla Juventus nell’agosto del 2021, un mese dopo aver vinto l’Europeo con l’Italia. I giornali scrivono che la Juve compra Locatelli per 25 milioni, ma è più complicato di così.

La Juventus ottiene una «acquisizione gratuita, a titolo temporaneo, fino al 30 giugno 2023” di Locatelli».

Dicitura bizzarra, perché il Sassuolo dovrebbe privarsi, gratis, di uno dei calciatori migliori?

Perché alla scadenza la Juventus è obbligata a pagare 25 milioni più 12,5 di premi legati a obiettivi sportivi che però sono praticamente certi (tipo organizzare una amichevole al Mapei stadium di Reggio Emilia).

Quindi il Sassuolo rinuncia a un giocatore importante, può mettere a bilancio una cessione di peso anche se i soldi non sono ancora entrati, la Juventus può schierarlo anche se di fatto non ha ancora iniziato a pagarlo. Le esigenze contabili dettano le formazioni, non quelle sportive.

Anche l’ormai ex ad Maurizio Arrivabene dice a verbale: «A me è stato detto all’inizio che l’Atalanta e il Sassuolo rientrano tra i club amici».

Impegni morali 

Con l’Atalanta la competizione è in teoria diretta, visto che la squadra di Bergamo da parecchi anni ormai sta nelle parti alte della classifica. Ma anche qui sono i bilanci e le plusvalenze a decidere tutto.

Nel gennaio 2020 la Juve compra il trequartista Dejan Kulusevski dall’Atalanta per 35 milioni, ma in cambio l’Atalanta si impegna a comprare un calciatore a caso da 7 milioni dalla Juve. La scelta cade su un certo Stefano Muratore (mai sceso in campo a Bergamo).

La Juve sa che sta rifilando un bidone, e quindi l’allora capo dell’area calcio Fabio Paratici spiega: «Per il caso in cui l’Atalanta non fosse stata soddisfatta delle prestazioni del calciatore Muratore era richiesta la disponibilità della Juventus a riprendere il calciatore per 4 milioni».

Una clausola che non compare da nessuna parte nel bilancio, ma che pare essere una prassi diffusa, visto che Paratici precisa che «questo genere di impegni morali spesso non si concretizzano».

La presenza di questi “impegni morali” fuori bilancio e di “club amici”, come li chiama Arrivabene, contribuiscono a falsare la competizione, soprattutto negli anni in cui la Juventus affida i propri bilanci alle plusvalenze (fino al 2020, poi, dopo gli interventi della Consob, cercano di essere più morigerati e i proventi da plusvalenze passano da 167 milioni a 43, e infatti le perdite esplodono da 90 a 210 milioni).

Come si fa a guardare una serie A così distorta dall’esigenza di abbellire i bilanci? Davvero ai tifosi non importa nulla di quello che succede prima e dopo il campo? L’illusione che il risultato dei 90 minuti sia determinato soltanto da variabili sportive ormai dovrebbe sembrare a tutti insostenibile.

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